Nuovi scavi archeologici presso santuario dea Vacuna.
Montenero Sabino- 06 giugno 2023- riparte la campagna di scavi archeologici dell’Università Lyon 2 (F) sul sito del santuario romano della dea Vacuna in località Leone.La missione, giunta alla V edizione e realizzata in collaborazione con il Comune di Montenero Sabino e con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti (responsabile dott.ssa Francesca Licordari), verrà avviata giovedì 8 giugno 2023. Sul campo lavoreranno una decina di studenti, coordinati dal prof. Aldo Borlenghi, dall’archeologa Marylise Marmara (corresponsabile scientifica) e da Lucie Motta (ceramologa e responsabile dello studio dei materiali). La missione archeologica di Montenero costituisce, infatti, uno dei cantieri-scuola internazionali dell’Università di Lione 2 per la formazione degli studenti del corso di laurea in archeologia.
Montenero Sabino-Campagna di scavi 2023
Gli scavi sul sito del santuario di Vacuna nel piccolo borgo sabino rappresentano ad oggi le uniche indagini archeologiche in atto nella provincia di Rieti su un luogo di culto dedicato a questa divinità. Lo scavo, avviato nel 2019, su una terrazza di circa 1000 m2 presumibilmente occupata da strutture già dal III secolo a.C., ha permesso di rinvenire numerosi resti di età romana e medievale. Questi ritrovamenti ed altri, tra i quali il cippo inscritto con dedica alla dea Vacuna (oggi visibile nel cinquecentesco Palazzo Bonacasata), gli ex voto in terracotta e altri materiali votivi, hanno confermato l’esistenza di un luogo di culto.
MONTENERO in SABINA –Area Scavi- Sepoltura a fossa-Photo-Maurizio-Zuccari
Al centro del terrazzamento che costituisce campo di indagine, è visibile, inoltre, un grande edificio a più ambienti di età tardo-repubblicana (fine III-inizi II secolo a.C.) con pavimenti a mosaico in eccezionale stato di conservazione, tra i più antichi del Lazio. Gli studiosi sostengono che in esso si possa forse riconoscere un tempio o un complesso con sale da banchetto funzionali alle attività di culto. L’edificio repubblicano, abbandonato in età imperiale, fu di nuovo riutilizzato nel III e IV secolo d.C. e poi di nuovo nei secoli IX-XI d.C. A testimoniarlo sono le sepolture scoperte e datate grazie alle analisi al radiocarbonio delle ossa degli scheletri, probabilmente connesse alla Chiesa di San Giovanni in Leone, localizzabile nell’area sulla base della toponimia e delle fonti ma non ancora individuata archeologicamente.
MONTENERO in SABINA –Area Scavi- Cippo di Vacuna-Photo-Maurizio-Zuccari
Le indagini dei prossimi giorni si concentreranno proprio sul grande edificio repubblicano: particolare attenzione sarà riservata ai pavimenti a mosaico, alla loro decorazione e funzione. Il team di esperti non esclude la possibilità che nel corso delle analisi possano essere individuate nuove tombe utili a fornire ulteriori informazioni sull’occupazione del luogo nei secoli centrali del medioevo. I risultati della campagna 2023 saranno presentati in un evento pubblico durante la giornata a porte aperte prevista per la prima domenica di luglio.
MONTENERO in SABINA –Area Scavi- Photo-Maurizio-Zuccari
«L’importanza della missione francese per il nostro territorio è storica e culturale – afferma la Sindaca Lavinia De Cola – se da un lato consente il progresso scientifico e conoscitivo sul tema della divinità sabina, sui suoi aspetti rituali e cultuali, dall’altro favorisce lo scambio intergenerazionale e interculturale tra gli abitanti di Montenero e i giovani studenti che per tutta la durata della missione vivono nel e il paese».
«L’appuntamento rinnovato e ormai consueto suscita, non solo nei più esperti, ma nella popolazione tutta, sempre grande interesse e curiosità», conclude la prima cittadina De Cola.
MONTENERO in SABINA –Area Scavi- Photo-Maurizio-Zuccari
Il Borgo si affaccia sul fiume Salto , deve la sua importanza come centro di interesse artistico all’Abbazia di San Salvatore Maggiore, il più importante monumento medievale di questa zona ricca di molti reperti e siti archeologici risalenti a varie epoche storiche .Concerviano fu fondato, nell’VIII secolo, sul Monte Latenano dall’Abbazia di Farfa e la sua fortuna e prosperità fu dovuta alla protezione degli imperatori carolingi. nell’arco di circa un secolo. Il Borgo subì l’assalto dei Saraceni nel IX secolo, ma fu ricostruito nell’arco di quasi cento anni. La decadenza dell’Abbazia di San Salvatore, dovuta alle guerre tra i vari Castelli limitrofi, comportò ridusse il Borgo a semplice Commenda, poi nel XVII fu definitivamente soppressa. La chiesa subì una radicale trasformazione nel corso del seicento. Oggigiorno si possono vedere i resti di pitture e affreschi medievali, mentre nell’abside resta oramai quasi illeggibile, un bell’affresco risalente al XII secolo rappresenta il Salvatore tra schiere di angeli.
CONCERVIANO (Rieti)
Il Complesso monumentale di San Salvatore-
Il Complesso monumentale di San Salvatore maggiore, tra la fine del XX sec. e l’inizio del XXI sec., dopo alcuni decenni di abbandono, è stato ricostruito con un criterio scientifico che consente di leggere le tre stratificazioni edilizie che nel corso dei secoli sono state realizzate.
L’edificio è stato fondato come villa rustica, con, alla base della costruzione, criptoportici; un sistema costruttivo tipico del II e I sec. a. C..
La seconda stratificazione appartiene all’età medievale ed è stata realizzata per la funzionalità dell’Abbazia.
La terza stratificazione, quella che ha maggiormente trasformato l’edificio, iniziata nel XVII sec. viene completata la trasformazione dell’edificio come attualmente si presenta, ed è stata funzionale alle esigenze del Seminario delle Diocesi di Sabina, Poggio Mirteto e Rieti, ed è quella che ha portato l’edificio allo stato attuale.
Dopo la soppressione dell’Abbazia, e per le esigenze della nuova funzione dell’edificio come Seminario, furono eseguite opere edilizie che ampliarono l’edificio, secondo i criteri costruttivi ed architettonici rinascimentali. Fu modificato il prospetto della chiesa (scompare il portico riportato nell’incisione del 1685), furono sopraelevati di un piano i corpi di fabbrica est e nord, e fu costruito un nuovo corpo di fabbrica nel lato ovest.
I segni del lavoro. I siti industriali in Bassa Sabina tra agricoltura e industria dal XVIII al XX secolo
Coordinata dalla Fondazione Pietro Nenni e dall’Associazione Eolo
DESCRIZIONE
Il volume è il risultato di una ricerca storico-archivistica, coordinata dalla Fondazione Pietro Nenni e dall’Associazione Eolo, che ha permesso di riscoprire all’interno di sette comuni della Bassa Sabina, con l’ausilio di documenti inediti e fonti orali, tracce di industrie, miniere, botteghe artigianali, mulini e mattatoi, forni, frantoi, allevamenti di bachi da seta, officine meccaniche, fabbriche di utensili e ceramiche, laboratori di sartoria e maglieria. Il lettore troverà un volume ricco di informazioni, dati e curiosità, sui siti produttivi, sul tessuto economico e sociale dei comuni di Cantalupo, Casperia, Forano, Magliano Sabina, Poggio Mirteto, Roccantica e Stimigliano tra il XVIII e il XX secolo. L’agricoltura ha rappresentato sempre un aspetto dominante dell’economia locale ma, nel corso del periodo preso in esame, si sono sviluppati oltre ad essa insediamenti produttivi e protoindustriali che hanno cambiato radicalmente la vita della popolazione. È uno studio realizzato con rigore, pensato per valorizzare il patrimonio archeologico industriale e agricolo di questo territorio.
Plinio il Vecchio -Amore per la natura, la terra, le tradizioni agricole .
Il nome di Plinio è indissolubilmente legato all’immane tragedia dell’eruzione del Vesuvio del 79 d. C., ed egli è diventato il simbolo dello studioso che sacrificò la propria vita alla scienza (“protomartire della scienza sperimentale” lo ha definito Italo Calvino), e dell’uomo generoso che accorse in aiuto degli sventurati còlti di sorpresa dal tremendo cataclisma. È necessario tuttavia notare che il suo interesse fu sempre rivolto all’osservazione e alla descrizione dei più minuti e svariati aspetti del mondo vegetale, minerale, umano, più che alla speculazione pura, o alla ricerca delle cause dei fenomeni naturali.
Con l’ascesa al potere di Vespasiano e il mutamento di clima politico seguìto alla morte di Nerone e al periodo di anarchia militare degli anni 68/69 d.C., Plinio (chiamato in seguito il Vecchio per distinguerlo dal nipote Plinio il Giovane), che aveva rifiutato ogni incarico sotto gli imperatori Claudio e Nerone preferendo dedicarsi agli studi, vide riaprirsi la strada della carriera politica. La sua fedeltà alla dinastia Flavia non era dovuta né a opportunismo personale, né a piaggeria di cortigiano,ma a condivisione ideale dei suoi valori. Accettò dunque di essere più volte procuratore in varie province dell’Impero,incarico che gli permise ampi sopralluoghi di carattere naturalistico, etnografico, geografico, in terre straniere. Fu poi nominato capo della flotta ancorata a capo Miseno, e qui trovò la morte durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d. C. mentre si recava a portare soccorso alle popolazioni colpite da quel tragico evento naturale (della morte di Plinio durante l’eruzione del Vesuvio si è parlato in Umbrialeft del 27/2/2015)
Plinio il Vecchio naturalis
Nulla è rimasto di altre sue opere, ma la“NaturalisHistoria”, dedicata a Tito, figlio di Vespasiano e pubblicata nel 77, gli ha riservato nei secoli grande fama. L’importanza di questa poderosa opera enciclopedica, preziosa per quasi tutte le discipline scientifiche, è incalcolabile. Le notizie in essa riportate sono trentaquattromila (frutto della consultazione di duemila volumi di cinquecento autori), e spaziano dalla geografia alla cosmologia, dall’antropologia alla etnografia, dalla zoologia alla biologia e alla medicina, dalla metallurgia alla mineralogia, con ampi excursus anche di storia dell’arte.
Dovunque lo portarono i diversi incarichi della sua carriera, Plinio osservò con un genuino interesse naturalistico-scientifico l’infinita varietà dei fenomeni della natura, la fauna, la flora, gli usi e i costumi degli uomini. Annotava le osservazioni dal vivo, e gli appunti delle sue quotidiane letture che poi costituirono il materiale per la composizione della “NaturalisHistoria”, sintesi enciclopedica dell’universo naturale, ma scritta in funzione dell’uomo.
Al mondo vegetale Plinio dedica un’attenzione particolare: sorprendente è il suo spirito di osservazione rivolto alle più comuni piante spontanee. Troviamo dappertutto tracce di esperienze vissute, echi di cose viste e non soltanto lette: i luoghi dell’infanzia nella campagna lombarda, i paesaggi lacustri, i canneti, i salici presso le acque del lago Lario, la fertile e lussureggiante terra nei dintorni di Pompei dove egli soggiornò negli ultimi anni della sua vita, ma anche le fitte foreste di alberi di alto fusto che “aggiungono ombra al cielo” nei territori germanici dove si era recato come Ufficiale di cavalleria, i desolati paesaggi che si affacciano sul mare del Nord le cui terre flagellate continuamente dalle onde dell’oceano sono prive di alberi e di ogni vegetazione. Con semplicità e simpatia è svolta la trattazione delle più umili piante degli orti: la lattuga, il cavolo, il basilico, la rughetta, la ruta, la menta, la malva, l’origano, accompagnate sempre da brevi note sui rimedi contro le malattie o gli insetti che le infestano.
In giorni come i nostri, nei quali si fa un gran parlare di cibi transgenici, giova forse ricordare il sarcasmo di questo autore che non finisce mai di stupirci con le sue “anticipazioni”, contro i prodotti creati artificialmente, come ad esempio gli asparagi: la natura aveva creato gli asparagi di bosco, in modo che chiunque potesse raccoglierli dove spuntavano, ma “ecco che compaiono gli asparagi coltivati, e Ravenna ne produce di tali che raggiungono il peso di una libbra. Che prodigi operano i buongustai!” Parlando poi della differenza di sapore tra i frutti o gli ortaggi selvatici e quelli coltivati, egli nota che i primi hanno sempre un sapore più intenso e gradevole.
Plinio il Vecchio naturalis
Se i profumi dell’Arabia e dell’India e la loro importazione e diffusione gli suggeriscono considerazioni moralistiche contro il lusso, anche il desiderio di prodotti alimentari sempre più raffinati, riservati ai ricchi, suscitano la sua riprovazione: “la forza del denaro può tutto, e anche l’alimentazione si differenzia a seconda degli strati sociali: un pane raffinato, elaborato, prodotto con le migliori farine riservato ai ricchi e un altro più rozzo per la plebe”. Senza dubbio tale atteggiamento non è dettato da istanze di democrazia, ma da un’etica conservatrice diffidente nei confronti dell’evoluzione economica, della trasformazione dei metodi produttivi, dell’allargamento dei mercati, dell’importazione di prodotti stranieri che cambiano i costumi e le abitudini tradizionali. Tale posizione ideologica induce l’Autore a considerare l’eccesso di raffinatezza causa di decadenza, e le nuove inquietanti forme di lusso e di ricercatezza pericolose per gli equilibri sociali.
Trattando delle essenze odorose estratte dalle piante non potevano mancare le frecciate contro il lusso, tanto più deplorevole in quanto costringe a sborsare fino a quattrocento denari per poter disporre di modeste quantità di profumo, un lusso dunque “fra tutti il più vano; infatti le perle e le gemme almeno passano agli eredi, le vesti durano nel tempo: i profumi invece si dissolvono istantaneamente e muoiono appena nati. Il loro massimo pregio è che quando passa una donna, la sua scia attira anche chi è affaccendato in tutt’altre cose”.
Sempre in materia di divagazioni vegetali, l’uso di trattare gli alberi in modo da rimanere nani (come accade oggi, con una moda importata dal Giappone) induce il “naturalista” Plinio a scrivere con disgusto: “l’uomo ha inventato persino l’aborto degli alberi!” Non disdegna però, da uomo pratico e realista quale egli è, tutte le invenzioni della tecnica che hanno reso la vita dell’uomo, e soprattutto dell’agricoltore, notevolmente più agevole e produttiva: vere e proprie conquiste dell’ingegno umano sono dunque giustamente considerati l’aratro, la zappa, i rastrelli, le chiavi, le serrature.
In materia di agricoltura Plinio si mostra particolarmente esauriente: egli infatti scrive in modo che anche i contadini possano capire, e a tal fine lascia una numerosa serie di notizie a volte più accurate di quelle che scrittori dedicatisi esclusivamente ad argomenti agricoli, come Columella, avevano registrato.
Plinio giunge fino a informarci sull’uso e le qualità dei concimi animali. È perciò frequente imbattersi in consigli che restano validi ancora oggi e di uso comune nelle nostre campagne, ovviamente dove si coltiva ancora in modo non industriale: concimare il terreno irrorandolo con acqua dove sono stati messi a macerare i lupini, usare spruzzature di zolfo e calce sulle chiome e i fusti degli alberi per evitare malattie parassitarie, spargere il terreno di cenere per arricchirlo di sostanze minerali, rincalzare le radici di una pianta perché l’ardore del sole non le bruci, zappettarla all’intorno per rendere più friabili le zolle ed eliminare le erbacce, e tanti altri gesti millenari, nati dall’amore dell’uomo per la terra e dal suo bisogno di renderla più fertile.
Naturalmente anche non manca neanche un vero repertorio di notizie curiose sui primati in altezza o in larghezza, in peso o leggerezza, di alcuni esemplari di piante e di vegetali, oltre a una serie di consigli alimentari che anticipano i più moderni principi dietetici: ad esempio, poiché in una società opulenta i corpi sono appesantiti, Plinio propone fra i molti rimedi l’uso di vegetali e di carni bianche.
Alle proprietà medicamentose delle piante, delle erbe e degli ortaggi, è riservata una apposita trattazione. Singolare, ma completamente attendibile, è quanto Plinio dice dell’umile ma salutare lattuga e delle sue proprietà medicamentose: ha effetti rinfrescanti, elimina il senso di fastidio allo stomaco, stimola l’appetito, placa gli impulsi sessuali, concilia il sonno. A riprova delle prodigiose qualità di questo ortaggio, è riportato il fatto abbastanza noto che Augusto, il primo imperatore romano, grazie ai consigli di Musa, suo medico personale, riuscì a guarire dai suoi disturbi gastrici, proprio con l’uso della lattuga.
Campagna Romana
Nelle pagine dedicate alla coltivazione dei campi e degli orti, e ai consigli per i trattamenti delle piante tipicamente italiane, più che altrove si sente l’anima contadina di Plinio, il quale, anche mentre i suoi incarichi di funzionario del Palazzo lo tenevano chiuso nella sede degli archivi imperiali, non perdeva la mentalità e la sensibilità di chi ama la terra e le tradizioni agricole, come era stato per Virgilio. In tal modo mentre egli enumera le specie vegetali, abbandona spesso l’arida veste del compilatore o dell’agronomo, e il suo gusto per l’erudizione o il collezionismo di dati, per ascoltare l’anima della terra, il suo respiro quando viene liberata dalle erbacce, la sua felicità quando è vangata o arata per accogliere nuove sementi, e vede con stupore sempre nuovo il ripetersi miracoloso dei cicli produttivi, i colori dei suoi prodotti, lo spuntare di nuove gemme sui rami degli alberi dopo la potatura. Così egli sente gli alberi come creature viventi, che soffrono quando sono attaccate da parassiti, flagellate dalla grandine, o abbattute dal fulmine, ma ancor più quando è l’incuria degli uomini a procurare loro danni irreparabili.
Plinio aveva sempre vissuto con ammirevole “spirito di servizio”, distinguendosi in operosità, sete di sapere, interesse per ogni forma di conoscenza. Si era imposto di dedicare ogni momento disponibile del giorno e molte ore della notte allo studio diceva infatti che vivere è vegliare (“vita, vigilia est”).
Morì all’età di 56 anni, ma poté orgogliosamente consegnare ai posteri la sua miniera di notizie, documento d’inestimabile valore, ma anche testimonianza d’una eccezionale dedizione alla propria vocazione conoscitiva e insieme umanitaria, testimoniata da un quasi volontario incontro con la morte, mentre tutti, durante l’eruzione del Vesuvio, cercavano disperatamente di fuggirla.
On. Elettra POLLASTRINI-L’unica donna della provincia di Rieti eletta alla Costituente-
On.Elettra Pollastrini -P.C.I.
Nata a Rieti il 15 luglio 1908, deceduta a Rieti il 2 febbraio 1990, operaia e parlamentare Comunista.
La sua famiglia di antifascisti nel 1934 fu costretta a emigrare in Francia per sottrarsi alle persecuzioni del regime. Trovato un lavoro la giovane Elettra, che aveva aderito al Partito Comunista, fece l’operaia alla Renault e nell’azienda francese fu alla testa delle lotte di quei lavoratori. Incaricata della redazione di Noi Donne, allo scoppio della guerra civile nella penisola iberica si portò in Spagna. Al rientro in Francia fu arrestata e rinchiusa nel campo di Rieucross. Riuscita a rientrare in Italia, nel 1941 la Pollastrini tornò a Rieti dove riprese l’attività antifascista clandestina e, dopo l’annuncio dell’armistizio, entrò nella Resistenza romana. Arrestata dai tedeschi e tradotta in Germania trascorse venti mesi nel carcere di Aichach. Dopo la Liberazione, tornata in Italia, fu una delle nove donne comuniste entrate a far parte della Consulta nazionale e, nel 1948, fu eletta deputata del PCI alla Camera, dove restò per due Legislature. Nel 1958 si trasferì in Ungheria dove, per 5 anni, lavorò a Radio Budapest. A Rieti, a Elettra Pollastrini è stata intitolata una strada; porta il suo nome anche una Sezione dell’ANPI, che vi si è recentemente costituita.
Fonte- ANPI nazionale-L’On.Elettra Pollastrini , nella foto in B/N è quella seduta a dx dell’On. Nilde Jotti-(Foto Archivio Camera dei Deputati)-
On.Elettra POLLASTRINI-Partito Comunista ItalianoScheda della Camera dei Deputati con le coordinate anagrafiche dell’On. Elettra Pollastrini.La pagina di giornale con le 21 Onorevoli elette alla Costituente è del Corriere della Sera -1946-
Nota- A)L’On.Elettra Pollastrini , nella foto in B/N è quella seduta a dx dell’On. Nilde Jotti-(Foto Archivio Camera dei Deputati)- B)La pagina di giornale con le 21 Onorevoli elette alla Costituente è del Corriere della Sera -1946- C) Scheda della Camera dei Deputati con le coordinate anagrafiche dell’On. Elettra Pollastrini. ANPI COMITATO ANTIFASCISTA DELLA SABINA-
Frasso Sabino (Rieti)- Arch. Carlo Cusin :”Il MAUSOLEO dei MASSACCI”
Frasso Sabino -“Il MAUSOLEO dei MASSACCI
Arch.Carlo Cusin::”Il “MAUSOLEO dei MASSACCI”,noto anche come “Grotta dei…grandi massi”,è uno straordinario monumento funerario che esiste da 2000 anni ma non si vede,in Comune di Frasso Sabino,inglobato com’è da un edificio settecentesco,ad uso dei viandanti,costruito dai Cesarini di Frasso,accanto ad un nodo stradale antico di grande importanza per la Sabina,dove la Via Salaria si univa alla Via Caecilia,al miglio 35,vicino alla “Statio ad Novas”,che il toponimo di Osteria Nuova ricorda ancora ! Questo “monvmentvm”,in latino “sepolcro”,fu costruito in “opvs qvadratvm” con enormi blocchi di bianco calcare,non locale (solo il loro trasporto e montaggio a secco mostra il ricco e nobile potere dei committenti) con un ricercato arcaismo,un “mos maiorvm” Repubblicano,perché appariva come un enorme tumulo con un lungo dromos d’accesso,a volta ribassata,una cella con 3 nicchie rettangolari,per sarcofagi,coperta con una volta a crocera,ed un pozzo con “vera” quadrata. Questo tipo di “sepvlcrvm” dinastico/familiare,costruito con un’antica tecnica,complessa e di lunga fattura,ricorda molto quello di Ummidia Quadratilla a “Casinvm”-Cassino e la cella del Mausoleo di Adriano in Roma,e viene datato alle prime decadi del II sec dC.. La “Gens” committente ,di un così imponente sepolcro,nei dintorni di “Trebvla Mvtvesca”-Monteleone Sabino,accanto a strade antiche per commerci di sale/olio/bestiame,viene identificata,con epigrafi e storie imperiali,nei “Brvtii Praesentes” o nei “Laberii Maximi”,cui appartenne “Manivs Laberivs Maximvs”,un valoroso Generale che compare,al fianco di Traiano,anche sulla sua colonna “centenaria”,mentre supera il Danubio alla testa delle Legioni e,poi,catturo’ anche la sorella di Decebalo Re dei Daci ! Ringrazio il Sindaco ed il personale del Comune di Frasso Sabino per la cordiale collaborazione ed ospitalità !”.
Frasso Sabino -“Il MAUSOLEO dei MASSACCI”Frasso Sabino -“Il MAUSOLEO dei MASSACCI”Frasso Sabino -“Il MAUSOLEO dei MASSACCI”Frasso Sabino -“Il MAUSOLEO dei MASSACCI”Frasso Sabino -“Il MAUSOLEO dei MASSACCI”Frasso Sabino -“Il MAUSOLEO dei MASSACCI”Frasso Sabino -“Il MAUSOLEO dei MASSACCI”Frasso Sabino -“Il MAUSOLEO dei MASSACCI”Frasso Sabino -“Il MAUSOLEO dei MASSACCI”Frasso Sabino -“Il MAUSOLEO dei MASSACCI”Frasso Sabino -“Il MAUSOLEO dei MASSACCI”Frasso Sabino -“Il MAUSOLEO dei MASSACCI”
Romanzesca vicenda di una enigmatica donna ospite del CAMPO PROFUGHI di GRANICA-
Ricerca a cura di Franco Leggeri-
-Cronaca del processo svoltosi a Trento e concluso al Campo di GRANICA di Castelnuovo Farfa-
Castelnuovo di Farfa (Rieti) -Campo Profughi -Loc. Granica-
Campo Profughi di GRANICA -anno 1953-Von Pless, principessa polacca o Sonia Balasch, avventuriera tedesca? – Processata e condannata per una clamorosa rapina in casa del barone Hoepfner, ritorce le accuse contro questi denunciandolo per collaborazionismo – Voleva farsi suora ma poi ha cambiato idea .
-Cronaca del processo svoltosi a Trento e concluso al Campo di GRANICA di Castelnuovo Farfa-
Trento- 24/04/1953-– La romanzesca vicenda di Sonia Balasch, alias principessa Elfi von Pless, sarà quanto prima rievocata alla Corte di Assise d’appello della nostra città. Di fronte al giudice che esaminavano il suo “ caso “, la giovane straniera ha sostenuto di essere la principessa von Pless, figlia naturale di un principe polacco fucilato dai nazisti e fuggita in Italia subito dopo l’occupazione per sottrarsi all’arresto e alle persecuzioni. Essa ha aggiunto orgogliosamente: “ Dio mi vede e sa che dico la verità “. Sostenevano invece i suoi accusatori che li vero nome di lei era Sonia Balasch, una strana donna emersa da quel mondo equivoco di trafficanti, di spie e di poliziotti segreti calati in Italia al seguito delle truppe naziste: una tedesca nata nel 1910 in Slesia, figlia di Ignoti.
Queste accuse furono ribadite al processo svoltosi contro di lei alle Assise di Bolzano, Il 10 giugno 1950. La misteriosa Sonia doveva rispondere di una grave rapina, compiuta in circostanze romanzesche, ma della quale si proclamava innocente, dicendosi vittima di uno scambio di persona. Il fatto era avvenuto il 15 febbraio 1946 in una villa di Maia Alta presso Merano abitata dal barone Alessandro e Frida Hoepfner.
La sera era appena calata, quando alla porta della palazzina fu suonato il campanello Una cameriera si affacciò all’uscio e scorse cinque sconosciuti, due dei quali tenevano minacciosamente spianati i fucili mitragliatori. La banda, al seguito della quale era una donna, entrò nell’appartamento qualificandosi come una formazione partigiana. La baronessa e la cameriera vennero rinchiuse a chiave in una stanza, mentre il barone Alessandro, trasferito nel salotto, fu legato e imbavagliato. La banda, rovistando minuziosamente ogni locale, si impossessa di oggetti preziosi e di vestiario per un valore denunciato di venti milioni, e si allontanò quindi rapidamente a bordo di un’automobile.
Per molto tempo le indagini della polizia riuscirono infruttuose. Soltanto dieci mesi più tardi si affacciò alla ribalta, in un modo veramente strano e tuttora incomprensibile, il nome della bionda enigmatica Sonia. Essa aveva infatti presentato a Milano, dove risiedeva, una circostanziata denuncia contro il barone Hoepfner e sua moglie per rapina e collaborazionismo con i nazisti.
Sosteneva l’accusatrice che, giunta a Roma profuga dalla Polonia nel 1951, era stata denunciata alla polizia germanica dal barone che gestiva nella Capitale un’azienda commerciale ma che sarebbe stato l’eminenza grigia, del Ministero dell’Economia del Reich, un pezzo grosso al servizio del Comando tedesco. Incarcerata sotto l’accusa di aver svolto propaganda contraria agli interessi della Germania in guerra, fu rinchiusa nelle segrete di una caserma della polizia tedesca, mentre il suo appartamento venne perquisito dal barone che, sempre secondo la denuncia della donna, ne aveva asportato gioielli e denari per circa quaranta milioni. Dopo un mese di prigione fu liberata e si occupò, come interprete, prima a Roma e poi a Milano.
In seguito a questa precisa denuncia, i baroni Hoepfner vennero arrestati, ma successivamente, dopo una lunga e accurata istruttoria, nulla essendo risultato a loro carico, riebbe la libertà. Fu a questo punto che il barone Alessandro passò decisamente alla controffensiva e denunciò a sua volta la donna, che egli sosteneva essere l’avventuriera Sonia Balasch, come la protagonista della brigantesca aggressione di Maia Alta.
Arrestata, fu riconosciuta tanto dal barone quanto dalla cameriera che le aveva aperto la porta, ma protestò subito vivacemente sostenendo la sua innocenza e dichiarando che l’accusa del barone era soltanto una manovra tattica per stornare gli effetti penali e politici della precedente denuncia che essa aveva presentato contro di lui.
Tradotta in carcere, prima a Trento e poi a Bolzano, la enigmatica straniera dimostrò subito la sua insofferenza. Rispose malamente al giudice istruttore, pronunciò frasi oltraggiose contro chi metteva in dubbio, anche sulla scorta di documenti ufficiali, le sue origini principesche.
Nelle movimentate udienze del processo di Bolzano furono citati nomi grossi e illustri, strani ambienti romani dell’ultimo periodo bellico prima della liberazione della città. Sfilano in questa colorita rassegna rievocativa le figure del colonnello Kappler, responsabile della strage alle Fosse Ardeatine, del gen. Moetzler e di altre personalità germaniche, e affiorano curiosi retroscena: segrete poliziesche, anticamere di ministeri, circoli mondani, amori di un’ora e di un minuto.
Sonia fu feroce contro il barone. “ Lei è un criminale di guerra! — gli gridò in faccia non è tornato in Germania perché l’avrebbero impiccato “, e lo accusò di aver “pizzicato” parecchi ebrei. A sua volta il barone fu altrettanto spietato verso di lei: “Sono sicuro tre milioni di volte che essa fu la mia rapinatrice “, disse al giudice. E un teste importante, il milanese Giovanni Masten, riferì queste strane parole che il barone aveva pronunciato in sua presenza: “ Ho commesso un solo errore facendo togliere di mezzo una persona di meno, la Balasch. Con un colpo di pollice l’avrei fatta scomparire per sempre, l’avrei atomizzata”.
Fra le due tesi principali, colpevolezza totale o completa innocenza, fu inserita una ipotesi intermedia, ossia che la giovane straniera fosse stata travolta in una vicenda cui avrebbe voluto dare diverso Indirizzo. Tale ipotesi venne accolta dalla Corte che accordò infatti alla donna la speciale attenuante prevista dal codice quando un imputato corrispondeva in un reato diverso da quello inizialmente voluto.
Secondo i giudici, la donna sarebbe partita da Milano con presunti poliziotti per un’avventura di carattere non bene definito ma che aveva comunque un fine arbitrario.
A Merano gli pseudo poliziotti avrebbero gettata la maschera e la donna che era con loro avrebbe assistito e partecipato nolente ad un delitto non premeditato. Per questi motivi la condanna per la rapina fu contenuta nella mite pena di due anni e otto mesi di reclusione interamente condonati per gli indulti.
Il pubblico foltissimo che assisteva al dibattimento applaudi la sentenza e alcune signore portarono un omaggio floreale alla bionda Sonia che, scarcerata qualche giorno dopo, fu internata in un campo di concentramento per i profughi stranieri a Farfa Sabina nel Lazio.
Sembrava a questo punto che la vicenda pirandelliana dovesse concludersi. Sonia aveva espresso l’intenzione di entrare nell’Ordine delle Carmelitane scalze e di essere consacrata suora, perché, secondo le sue parole, “ solamente una vita claustrale poteva sollevarla dall’angoscia morale che per tanti anni aveva travagliato la sua esistenza “.
Giunta invece nel campo di concentramento per i profughi stranieri a Farfa Sabina nel Lazio, essa decideva di ricorrere contro la sentenza e chiedeva che il processo fosse rinnovato per poter dimostrare che una principessa von Pless non poteva essere una rapinatrice. Rivendicava cioè il suo nobile lignaggio e difendeva il suo onore. Chi aveva commesso il grave reato, di cui era stata ritenuta responsabile, era un’altra donna, forse l’avventuriera tedesca della quale le si era attribuito il nome.
Castelnuovo di Farfa (Rieti) -Campo Profughi -Loc. Granica-
Ricerca Storica Campi profughi in Sabina-A cura di Franco Leggeri
-Piccole Storie dal
di GRANICA di Castelnuovo di FARFA (Rieti)-
Bibliografia- Ricerca Archivio Biblioteche varie.
L’ordine pp. 88-89,225-L’Italia Libera del 25 settembre 1943.D.Sensi, “pagine partigiane”, in Corriere Sabino del 15 aprile del 1945. G.Allara, “ Dopo Anziao: la battaglia del Monte Tancia”, in Aa.Vv., La guerra partigiana in Italia, Edizioni Civitas, Roma 1984, pp.66 e 67. Musu-Polito, Roma ribelle, pp. 114-115. Bentivegna-De Simone, Operazione via Rasella pp. 89-90., Roma e Lazio 1930-1950 pp.542,545. Piscitelli, Storia della Resistenza pp.325,326,327.Giuseppe Mogavero- La resistenza a Roma-1943-1945-Massari Editore.
Castelnuovo di Farfa (Rieti) – Campo Profughi -Loc. Granica-foto anni 1950
MONTENERO SABINO(RI)-FESTA DI MARIA SANTISSIMA-2023
Fotoreportage a cura della Pro Loco di Montenero Sabino
FESTA DI MARIA SANTISSIMA- 27 maggio 2023- Un evento emozionante in una cornice suggestiva, che rimanda alle tradizioni antiche e spirituali della nostra comunità. Ringraziamo tutti quelli che hanno contribuito alla buona riuscita della giornata e, in particolare, della processione.
Montenero Sabino- Situato tra le insenature dei rigogliosi Monti Sabini, fu costruito intorno alla metà dell’XI secolo su uno sperone roccioso dalla particolare forma allungata. Il suo nome compare per la prima volta nel Regesto Farfense nel 1023 e sembra derivi o dalla fitta vegetazione, caratterizzata da un fogliame verde scuro, che ricopre l’intera zona circostante, o dalla particolare pietra detta “focaia” presente in numerose cave. Difficile risulta la ricostruzione delle complesse vicende storiche che si alternano nei secoli, viste le molteplici vicissitudini e i numerosi passaggi di proprietà che caratterizzano la storia di questo piccolo borgo. In origine proprietà della famiglia dei Lavi, passò poi tra la fine del sec. XIV e l’inizio del XV agli Orsini e nel 1644 ai Mattei del ramo di Paganica, durante la cui signoria il Papa Clemente X trasformò il feudo in Ducato. Gli ultimi feudatari furono i marchesi Vincentini di Rieti ai quali Montenero fu venduto nel 1755.
Montenero Sabino è un comune di circa 287 abitanti che si trova nel Lazio, in provincia di Rieti.
Posto nel cuore della Sabina, Montenero Sabino sorge ad oltre 450 m.s.l.m.
L’economia di Montenero Sabino è legata principalmente all’agricoltura ed all’allevamento.
Le origini del borgo sono molto antiche e alcuni studiosi le fanno risalire al periodo della dominazione romana.
San Cataldo, festeggiato il 10 maggio, è il patrono di Montenero Sabino.
Da Visitare:
Oltre al caratteristico centro storico, a Montenero Sabino possiamo ammirare: La Chiesa di San Cataldo:
Di antica fondazione, conserva al suo interno numerose opere di artisti locali;
Castello Orsini:
Situato come di consueto nella parte più alta del paese, il “Castrum Montis Nigri” esisteva già nel lontano 1023, come dimostrano i documenti conservati nella grande Abbazia di Farfa, ma si narra che fosse stato costruito addirittura prima dell’800, e che Carlo Magno in persona fosse passato di qui.
La funzione del castello fu certamente quella di sorvegliare le lussureggianti valli ai suoi piedi, trovandosi Montenero in cima ad un costone di roccia, ma anche le cave di pietra focaia che per secoli fecero la fortuna di questo luogo.
Diverse famiglie si avvicendarono nel possesso del castello di Montenero: i Lavi, gli Orsini, i Mattei, fino ai marchesi Vincentini di Rieti. Oggi, però, è conosciuto come Castello Orsini, dal nome della famiglia a cui appartenne nel Quattrocento.
Mentre il nucleo originario dell’edificio risale al Medioevo, il castello fu successivamente ampliato e trasformato in Palazzo Baronale. La sua caratteristica più spettacolare è rappresentata dai bei torrioni merlati ai lati del portone di ingresso, a cui si giunge attraverso due scalinate in pietra.
Recentemente restaurato e consolidato, si presenta in buono stato, compatto e straordinariamente maestoso, a dominio di un panorama capace davvero di togliere il fiato. Dai camminamenti in cima alle torri, infatti, si ammira in basso la struttura dell’intero paese, longilineo e particolarissimo, così come le antiche mura e tutta la bellezza dell’incontaminato territorio circostante.
MONTENERO SABINO-FESTA DI MARIA SANTISSIMA 2023MONTENERO SABINO-FESTA DI MARIA SANTISSIMA 2023MONTENERO SABINO-FESTA DI MARIA SANTISSIMA 2023MONTENERO SABINO-FESTA DI MARIA SANTISSIMA 2023MONTENERO SABINO-FESTA DI MARIA SANTISSIMA 2023MONTENERO SABINO-FESTA DI MARIA SANTISSIMA 2023MONTENERO SABINO-FESTA DI MARIA SANTISSIMA 2023MONTENERO SABINO-FESTA DI MARIA SANTISSIMA 2023MONTENERO SABINO-FESTA DI MARIA SANTISSIMA 2023
alleghiamo :la locandina con i dettagli, il Regolamento e il modulo d’iscrizione.
Associazione Banda Musicale di MOMPEO (Rieti)
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Ripresa la campagna di scavo alla villa di Tito di Paterno
Castel Sant’Angelo -25 maggio 2023-Anche quest’anno sono riprese le indagini di scavo presso il sito archeologico della cosiddetta villa di Tito a Paterno di Castel Sant’Angelo. Il progetto, iniziato nel 2018, ha l’obiettivo di riportare alla luce i diversi ambienti del sontuoso complesso monumentale, con il fine di comprenderne la funzione e definirne la cronologia. Il gruppo di ricerca, formato da studenti universitari canadesi, diretto dal prof. Myles McCallum dell’Università Saint Mary di Halifax e dal prof. Martin Beckmann della McMaster University di Hamilton, coordinato dal prof. Simone Nardelli, sarà impegnato nelle attività di scavo e ricerca fino alla fine di giugno. L’équipe, grazie al fattivo supporto del Comune di Castel Sant’Angelo e della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e per la Provincia di Rieti, sta portando avanti uno studio che consentirà di valorizzare degnamente molte delle straordinarie emergenze archeologiche che insistono nell’area dell’antica Cutilia, luogo strettamente legato alle origini del popolo sabino e centro d’Italia di varroniana memoria.
Castel Sant’Angelo(Ri) villa di Tito di PaternoCastel Sant’Angelo(Ri) villa di Tito di Paterno
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