David Taylor-Esposizione- Corso completo di tecnica fotografica –
Traduzione di Riccardo De Blasi e Enrico Passoni
Editore White Star
DESCRIZIONE
David Taylor dimostra come tre importanti strumenti – il tempo di esposizione, l’apertura e USO – possono essere utilizzati per ottenere fotografie molto diverse fra loro. Dall’interpretazione della luce all’importanza del bianco, dall’utilizzo del flash alla valutazione della gamma dinamica, questa autorevole guida combina testi esplicativi con immagini spettacolari per spiegare come l’esposizione sia la chiave per ottenere risultati di alto livello nel campo della fotografia.
Il Lago di Canterno è compreso tra i territori comunali di FIUGGI, FUMONE,FERENTINO E ALATRI . Il Lago di Canterno è un bacino carsico di discrete dimensioni con una profondità compresa tra i 13 ai 25 metri. Ha una forma allungata, mossa da promontori ed isolette.
Fotoreportage:La foresta rossa che nasce dall’acqua: un angolo di paradiso nel sud della Russia.
La Russia è costellata di luoghi sorprendenti creati dalla “mano” magica della natura, che in questo angolo di mondo è stata particolarmente generosa in termini di bellezza e varietà. Il boschetto di cipressi nella valle di Sukko, nel sud paese, pur essendo di origine artificiale, è comunque impressionante! Giudicate voi stessi:
Infatti i cipressi della palude (taxodium) non sono mai cresciuti qui e difficilmente sarebbero apparsi se non fosse stato per un esperimento sovietico. Si narra che negli anni ’30 furono portate delle piantine di cipresso dall’America del Nord, nella speranza di sviluppare in URSS una nuova coltura.
Questi alberi furono piantati a 14 km da Anapa, nella valle collinare di Sukko, non lontano dall’omonimo villaggio.
Con il passare degli anni, le piante hanno attecchito perfettamente e sono state oggetto di innumerevoli servizi fotografici e televisivi. Sono finite persino sulle pagine della rivista National Geographic.
La tela raffigura il “Martirio delle sante Rufina e Seconda”, ed è meglio conosciuta come il “Quadro delle tre mani” perché compiuta oltre che dal Cerano, da Giulio Cesare Procaccini e dal Morazzone, due degli interpreti più raffinati dell’ambiente lombardo del primo Seicento.
Un’occasione utile, quasi un compendio, voluto dal raffinato committente, Scipione Tosi, per mettere alla prova sullo stesso campo tre diversissimi modi di interpretare la pittura e la società al tempo dei Borromeo.
Descrizione del dipinto-
Il soggetto del dipinto è il martirio di due sorelle, Rufina e Seconda, avvenuto durante le persecuzioni della Roma imperiale. Lo spazio dell’opera è interamente saturato dalle figure, mostrando un accurato studio compositivo. A motivo di questo calcolo, la struttura generale, nonostante i tre distinti interventi, si mostra organica ed unitaria. Lo stile dei tre maestri mostra, al di là delle differenziazioni formali, una comune matrice culturale. La composizione infatti è un chiaro esempio dell'”intellettualismo artificioso e barocco” caratteristico del tempo
Santa Rufina è raffigurata nell’angolo destro della tela, inginocchiata in attesa del martirio, con le mani giunte e gli occhi rivolti al cielo. La macchia chiara del suo collo scoperto offerto al carnefice spicca violentemente dal fondo scuro della tela, cogliendo l’attenzione dello spettatore. Accanto a lei un angelo le posa delicatamente una mano sul braccio, fissandola negli occhi. L’eleganza delle figure, la dolcezza degli incarnati rosacei e dei panneggi, la delicatezza con cui sono descritte le mani affusolate della santa, rendono facilmente riconoscibile la mano del Procaccini in questo gruppo. Dietro la santa emerge dalla penombra la mole scura e teatrale del carnefice che brandisce la spada, in contrasto con le figure retrostanti, dell’angioletto che porge la palma del martirio, dell’uomo dalla veste dorata e del giovinetto di cui si scorge solo il viso incorniciato dai riccioli biondi. Il gruppo, tratteggiato con forti accenti luministici, rappresenta il contributo del Morazzone. Al Cerano sono infine dovuti il cavaliere sullo sfondo e l’angelo che trattiene il cane che sta per avventarsi sul corpo decapitato di Seconda. La resa più scultorea e naturalistica degli incarnati lividi e degli animali caratterizza il suo intervento-
sante Rufina e Seconda, Martiri di Selva CANDIDA
(Breve Storia)-Sono due celebri martiri romane ricordate in tutti i più antichi elenchi e in molti documenti storici. La loro morte avvenne durante la persecuzione di Valeriano e Gallieno, attorno al 260. Nel racconto del loro martirio sono presentate come sorelle, fidanzate con due giovani cristiani che per timore della morte avevano rinnegato la fede. A causa del rifiuto del matrimonio esse furono denunciate ed imprigionate mentre fuggivano da Roma. In seguito al loro diniego di sacrificare agli idoli le due giovani furono condotte in un bosco sulla via Cornelia, a dieci miglia da Roma in un terreno detto “Buxo”, dove vennero uccise e lasciate insepolte. Plautilla, matrona romana, che le aveva viste in sogno, provvide alla loro sepoltura in quello stesso luogo dove, già nel sec. IV, fu eretta una basilica, iniziata da Giulio 1 (336) e completata da papa Damaso, rinnovata con l’aggiunta del battistero da Adriano 1 (772-95) ed arricchita di doni da Leone IV (847–55). A questa chiesa si fa riferimento nei diplomi pontifici anche oltre l’ XI secolo, essendo divenuta Cattedrale della diocesi di Lorium, che presumibilmente ebbe un suo Vescovo proprio per provvedere alla quotidiana celebrazione dei sacri misteri nei tre santuari del territorio (sante Rufina e Seconda, san Mario e compagni e san Basilide) e per il decoro della vicina residenza imperiale. Il primo vescovo del quale si ha certezza storica è Pietro nell’anno 487. Attorno a quel luogo di culto, divenuto celebre meta di pellegrinaggio assieme alle catacombe di san Mario, era sorta gradualmente una città, che fu saccheggiata e distrutta dai Saraceni nell’847 e poi nell’870. Sergio III, nel 904, provvide alla riparazione della Chiesa, ma il centro abitato era oramai quasi del tutto abbandonato a causa dei pericoli delle incursioni barbariche e dello squallore del luogo. Papa Anastasio IV, nel 1153, fece trasportare il corpo delle due Sante nel
dove venne loro dedicata una cappella che fu posta Sotto la giurisdizione del vescovo di Porto e Santa Rufina, come è provato dalla bolla di Gregorio IX del 1236. A Trastevere, in via della Lungaretta, esiste ancora un antico monastero loro intitolato e che si dice edificato nel luogo dove era la loro casa natale. Della chiesa adiacente, ornata con un campanile del XIII sec., si hanno notizie fin dal 1123, dato che in una bolla di Callisto Il è annoverata fra le filiali di santa Maria in Trastevere. I resti archeologici sulla via Boccea (loc. Porcareccina), gi–á individuati e descritti da Antonio Bosio (1632), furono di nuovo studiati nel nostro secolo.
Festa delle Sante Rufina e Seconda, patrone della Diocesi –
Preghiera di S.E.. Monsignor GINO REALI in onore della Sante Patrone della nostra Diocesi
Padre di misericordia,
che hai chiamato alla gloria del martirio le sante sorelle Rufina e Seconda,
congiunte in vita e in morte dall’amore per l’unico Sposo,
e le hai donate alla nostra Chiesa come modello di fede e di fortezza,
concedi a noi, per il loro esempio e la loro intercessione,
di seguire il Signore Gesù con fede viva, speranza ferma e carità ardente.
Questa terra, bagnata dal sangue dei Martiri,
germogli ancora il frutto della santità e dell’amore.
Per la loro comune intercessione, dona alle nostre famiglie unità e pace;
per il loro esempio rafforza i nostri giovani nella lotta per la virtù ed il bene,
e dona loro limpidezza di cuore e generosità d’impegno;
per i loro meriti, sostieni i nostri passi nel cammino verso la patria eterna.
A te, o Padre, affidiamo la nostra vita:
liberaci da ogni pericolo dell’anima e del corpo,
e donaci la grazia che ti chiediamo …
Tu che vivi e regni, con Cristo tuo Figlio e lo Spirito Santo,
nei secoli glorioso. Amen.
+ Gino Reali Vescovo di Porto – Santa Rufina 7 giugno 2007
Peter Lindbergh and Azzedine Alaïa, the photographer and the couturier, were united by their love of black, a love that they would cultivate alike in silver print and solid color garments. Lindbergh ceaselessly turned to black and white to signify his search for authenticity in the faces he brought to light. Alaïa drew on the monochrome of timeless clothes to create veritable sculptures for the body. In this book, the unique dialogue between the two artists is immortalized in print. Illustrating their community of spirit, its images are a celebration of their artistic partnership and testament to their history-making achievements in photography and fashion. Despite their geographically opposed origins, Lindbergh and Alaïa pursued similar horizons. At the same time as Lindbergh’s reputation in Germany was growing thanks to his work in Stern magazine, and he set up his studio in Paris in 1978, Alaïa was the couturier shrouded in discretion whose sophisticated techniques were a treasured secret amongst the most important clients of Haute Couture. Alaïa became the architect of bodies, revealing and unveiling them, while Lindbergh distinguished them by shining a light on their soul and personality. Step by step, they became the creators that dominated their respective disciplines. Both rejected any artifice that distracted from their true subject, and it is with great ease that they came together for a number of powerful collaborations. Shared inspirations and aesthetic values are visible throughout their work. A beach in Le Touquet and the streets of old Paris reference a mutual love of black and white cinema and vast panoramas. The backdrop of an engine room illustrates the memory of an industrial German landscape for one and references the inordinate passion for functional design and architecture held by the other. Alaïa’s clothes act as pedestals for the smiles and eyes of the women who wear them: Nadja Auermann, Mariacarla Boscono, Naomi Campbell, Anna Cleveland, Dilone, Lucy Dixon, Vanessa Duve, Helene Fischer, Pia Frithiof, Jade Jagger, Maria Johnson, Milla Jovovich, Lynne Koester, Ariane Koizumi, Yasmin Le Bon, Madonna, Kristen McMenamy, Tatjana Patitz, Linda Spierings, Tina Turner, Marie-Sophie Wilson, Lindsey Wixson. For Lindbergh, who built his notoriety on the images of these supermodels, the authenticity of their traits is all that matters. The result is a potent black and white catalogue that reverberates with truthfulness and beauty.The book accompanies the exhibition Azzedine Alaïa, Peter Lindbergh at the Fondation Azzedine Alaïa, 18 rue de la verrerie, Paris, France. With contritutions by Fabrice Hergott, director of the Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, Paolo Roversi, photographer, and Olivier Saillard, fashion historian and director of the Fondation Azzedine Alaïa, Paris.
Valentin Gritsenko:”Lo sapete che la tigre dell’Amur è il simbolo di Vladivostok dal 1881? Questo favoloso felino è raffigurato sull’emblema della città e ci sono statue e immagini ovunque”.
Escher a Roma, in mostra a Palazzo Bonaparte fino al 1° Aprile 2024-
Articolo di Francesca Graziano per la Rivista Altritaliani.
L’artista olandese innamorato dell’Italia è a Palazzo Bonaparte (Piazza Venezia) con una grande mostra che celebra il centenario del suo arrivo nella Capitale. A Roma visse ben 12 anni e sono stati anni che ebbero una forte influenza su tutto il suo lavoro. Questa preziosa retrospettiva, circa 300 opere, comprende numerosi lavori inediti accanto a quelli più celebri. Ne scrive Francesca Graziano per Altritaliani.
Dopo diversi viaggi in Italia iniziati nel 1921 Maurits Cornelis Escher (Leewarden 1878-Laren 1972) si trasferisce a Roma assieme alla moglie svizzera Jetta Umiker, qui nascono, nel 26 e nel 28, i due figli George e Arthur. Dalle alture del Gianicolo, dove vive, dalle passeggiate a Villa Sciarra, a San Pietro, sulla via Appia,trae le prime, esaltanti impressioni per le sue celebrate “Vedute romane”. Il periodo romano durato 12 anni ebbe una forte influenza su tutto il lavoro successivo, fortemente impegnato nella produzione di litografie e incisioni di paesaggi, scorci, architetture e vedute di quella Roma antica e barocca che amava indagare soprattutto di notte, quando i dettagli architettonici risultavano più evidenti, seduto su una seggiolina pieghevole e con una piccola torcia appesa al risvolto della giacca. Nasce la serie dei 12 “Notturni romani” prodotta nel 1934 – tra questi “Colonnato di San Pietro”, “San Nicola in Carcere”, “Piccole chiese, Piazza Venezia”, “Santa Francesca Romana”…
Poi i viaggi nel centro e nel sud dell’Italia, ancora avventurosi come durante il Grand Tour: lo ispirano prospettive fantastiche, paesaggi strani e affascinanti, di essi coglie le vertigini, i sospesi silenzi. “San Gimignano” “Scanno”, “Ravello”, “Tropea”, “Pentidattilo”, “Rossano”, “Segesta”: i luoghi più pittoreschi della Toscana, dell’Abruzzo, della Calabria, della Sicilia vengono restituiti in opere di assoluto virtuosismo e insuperata perfezione formale tramite le tecniche incisorie della xilografia, della litografia e linoleografia.
FOTO
Quando l’atmosfera in Italia comincia a farsi pesante, per le mutate condizioni dovute al regime fascista, siamo nel 1935, Escher decide di chiudere la splendida parentesi italiana e si trasferisce in Svizzera, a Château d’Oex, due anni dopo in Belgio, per poi stabilirsi definitivamente a Baarn nei Paesi Bassi. Inizia la seconda fase della sua produzione, quando, non più sollecitato dallo splendore dei paesaggi italiani, si dedicherà completamente alle sue spiazzanti “immagini interne”, un percorso vertiginoso, labirintico, un lavoro sulla percezione visiva che ne fa un unicum nella produzione artistica del secolo. Potente stimolo per la creazione, l’opera della maturità, potenziando abilità già presenti nei disegni e nelle incisioni precedenti, amplifica il quotidiano, attiva abilità intellettive innescando processi che lo portano a registrare e attivamente rielaborare le immagini percepite.
Nell’intricato percorso dei suoi mondi che intrecciano arte, matematica, scienza, fisica, design, Escher parla ancora al pubblico contemporaneo con una grande varietà di temi. L’antologica di Roma, circa 300 opere, comprende numerosi lavori inediti accanto a quelli più celebri, come Mano con sfera riflettente (1935), Vincolo d’unione (1956), Metamorfosi II (1939), Giorno e notte (1938), la serie degli Emblemata. Lungo il percorso una ricostruzione dello studio che Escher aveva a Baarn in Olanda espone gli strumenti originali con i quali il biondo olandese produceva le sue opere e il cavalletto che portò con sé durante i suoi viaggi.
Curata da Federico Giudiceandrea e da Mark Veldhuysen con il patrocinio del Comune di Roma e dell’Ambasciata e Consolato Generale dei Paesi Bassi, prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con la M. C. Escher Foundation e Maurits, la grande mostra di Palazzo Bonaparte a Roma celebra i cento anni dell’arrivo di Escher nella Capitale. È suddivisa in otto sezioni ognuna delle quali esplora un aspetto diverso del suo lavoro, dagli inizi al lungo soggiorno italiano, passando per le Tassellature ispirate alle architetture dell’Alhambra, alle molto famose Metamorfosi. Seguono Struttura dello spazio con la già citata “Mano con sfera riflettente”, Paradossi geometrici (“Salire e scendere”, “Belvedere”, “Galleria di stampe”, “Relatività”), Lavori su commissione per finire con Eschermania, ampia carrellata sulla fortuna dell’artista olandese divenuto fonte di ispirazione per creativi di ogni genere soprattutto a partire dagli anni ’50.
Se siete fermamente convinti che la vostra percezione delle cose coincida perfettamente con la realtà, preparatevi allora a precipitare in un abisso di contraddizioni e di incongruenze, in un labirinto di emozioni e di conflitti. La preziosa retrospettiva in corso a Roma permette di immergersi totalmente nel suo mondo fantastico, paradossale, interagire con la psicologia della forma fra sperimentazioni percettive ed illusioni ottiche, cogliere le straordinarie intuizioni di un artista che magicamente sintetizza gli esiti della pittura fiamminga, la fantasia debordante di Bosch, il Surrealismo, l’Art nouveau e l’Optical Art anni ’60. In poche parole vi farà verificare quanto le vostre credenze siano erronee o perlomeno discutibili.
Enigmatiche, originali, perfette, le incisioni di Escher raffigurano paesaggi, prospettive da punti di vista diversi, strani, ambigui, contraddittori, mostrano realtà più complesse e inquietanti. A seconda dell’intensità e dello stile cognitivo di ognuno, evolvono verso importanti esperienze emozionali che da un intenso godimento estetico possono portare a forme più o meno stressanti di conflitto, ansia, curiosità, sempre destinate a non passare mai, comunque, nell’indifferenza.
Mago della percezione visiva e delle configurazioni illusorie, l’artista olandese, cospargendo di indizi la sua opera, chiama l’osservatore a parteciparvi attivamente, quasi costringendolo ad impegnare le sue esigenze di congruenza, simmetria, regolarità. Effetti tunnel ed effetti schermo, completamento visivo, ambiguità, conferme o dis-conferme dei propri schemi mentali: con Escher si è continuamente chiamati ad intuire, andare oltre, produrre parti non concretamente rappresentate, completare con la propria percezione le immagini proposte, immergendosi completamente nel gioco allusivo, allucinatorio delle sue metamorfosi. Chiaroscuri, ombre, colore, tessitura degli oggetti (fu affascinato dai mosaici moreschi dell’Alhambra a Granada e dalle decorazioni della Mesquita di Cordova), interposizioni, varietà di prospettiva, suddivisione dello spazio innescano nell’osservatore processi psichici capaci di generare quella particolare colorazione estetica che Freud definì “perturbante “.
Fjodor Savintsev fotografo: Come in un romanzo, viaggio nelle autentiche dacie russe di campagna.
Il fotografo Fjodor Savintsev ci apre le porte delle casette in legno del villaggio di Kratovo, vicino Mosca, per raccontare e immortalare un patrimonio architettonico fragile e bellissimo. I suoi scatti serviranno a promuovere una fondazione per la tutela delle antiche dacie private che caratterizzano la campagna russa. Sembrano uscite da un film di Nikita Mikhalkov. O da un racconto di Anton Chekhov. Sono le dacie russe di campagna. Casette in legno, solitarie e circondate dal bosco, immerse in un silenzio che sembra irreale. Le dacie russe sono ora al centro di un interessante progetto realizzato dal fotografo Fjodor Savintsev, conosciuto per aver pubblicato i propri scatti su importanti riviste internazionali.
La pandemia come forma di ispirazione
Il progetto è nato durante i difficili momenti della pandemia; quando la gente era costretta a stare chiusa in casa, o a cercare rifugio nelle proprie dacie di campagna, lontano dalle folle delle città. “Il progetto ‘Le dacie di Kratovo’ prende il nome da un villaggio di periferia vicino a Mosca – racconta il fotografo -. Tutto è iniziato quando sono tornato a casa dei miei genitori per aiutarli nel momenti difficili della pandemia. E così ho iniziato a raccogliere immagini documentarie delle vecchie dacie della periferia di Mosca”.
Un viaggio affascinante nel passato. Un passato inciso nelle assi di legno, nelle cornici intagliate delle finestre, nei tetti spioventi che disegnano geometrie fantasiose, spesso frutto del gusto personale degli abitanti che le hanno costruite. Queste casette, infatti, il più delle volte sono state realizzate dalla gente comune, che in passato non si affidava ad architetti e costruttori. Il risultato è un “patchwork” unico di forme e colori.
“Mi sono visto come un archivista che raccoglie informazioni e documenti – spiega Fjodor Savintsev -. In teoria, questo lavoro dovrebbe essere fatto da professionisti dell’architettura. Ma ho creato una tendenza affascinante che si è diffusa in diverse città. E noto un interesse crescente nello studio delle dacie a livello storico”.
L’evoluzione dei suoi lavori
Nel corso degli anni l’attenzione di Savintsev si è spostata dai soggetti umani agli oggetti immobili. Un passaggio “fluido”, come lo ha definito lui stesso, mosso dal desiderio di raccontare l’architettura come se fosse un ritratto.
“In generale nella mia carriera hanno prevalso i soggetti umani sull’architettura, ma adesso guardo anche le case attraverso la forma del ritratto. Faccio ritratti di case”, dice Savintsev, che ha sviluppato il suo progetto con un metodo di ricerca molto preciso, percorrendo strada per strada, viuzza per viuzza, alla ricerca di casette in legno da fotografare. Spesso si è messo sulle orme dei proprietari, per raccogliere testimonianze e informazioni sulla storia delle case, da poter poi condividere insieme alle immagini.
Trovare i proprietari non è sempre stato facile: Savintsev si è rivolto al suo vasto pubblico di Instagram chiedendo se qualcuno conoscesse la storia di una particolare casa o dei suoi proprietari.
“Instagram è uno strumento mediatico che mi permette non solo di condividere le mie foto con il pubblico, ma anche di costruire legami significativi, dando la possibilità alla gente di contattarmi direttamente. Più di qualche volta infatti sono stato contattato dai proprietari”, spiega.
Per il fotografo documentarista, ottenere l’accesso alle case è di fondamentale importanza; ma spesso la gente si sente in soggezione davanti a obiettivi e macchine fotografiche, perciò Savintsev scatta le sue immagini sempre con lo smartphone.
“Viviamo in un’epoca in cui le persone sono morbosamente a disagio quando vedono attrezzature professionali e credono che violino i loro confini privati. L’iPhone non provoca una tale reazione”, racconta Savintsev.
Al momento Savintsev sta aiutando a restaurare cinque case e ha in programma di creare una fondazione per aiutare il recupero delle dacie private. “L’obiettivo è preservare il patrimonio dell’architettura in legno – spiega -. Lo Stato non stanzia fondi per mantenere gli immobili privati, e spesso case come queste finiscono in rovina. Ma sono molto interessanti dal punto di vista del nostro patrimonio culturale, anche se sono di proprietà privata. Quindi, l’idea della fondazione è di aiutare a preservare l’aspetto autentico e originale di queste dacie, anche se private”.
Questo sito usa i cookie per migliorare la tua esperienza. Chiudendo questo banner o comunque proseguendo la navigazione nel sito acconsenti all'uso dei cookie. Accetto/AcceptCookie Policy
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish.Accetto/AcceptCookie Policy
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.