La mattina dell’11 gennaio 49 a.C. Gaio Giulio Cesare prende una decisione che condizionerà il corso della storia di Roma. Conquistata definitivamente la Gallia con la vittoria su Vercingetorige, capo degli Arverni, decide di porre la sua candidatura come console in absentia, trovandosi cioè all’estero. Incontra, tuttavia, l’opposizione del console Gneo Pompeo e del Senato. Decide quindi di attraversare con le sue truppe il Rubicone, il confine meridionale della Gallia Cisalpina, violando così la legge romana e avviandosi vero l’inevitabile scontro con Pompeo.
Il Medioevo nel XIII Municipio, Quartiere Casalotti. Fuori dal traffico della Via Boccea, in una discontinuità edilizia, c’è il Castello della Porcareccia , noto anche con il nome “Castello aureo”, che domina il suo borgo medievale. Il fortilizio, in posizione strategica, è costruito su di uno sperone roccioso. Anticamente vi era una torre di avvistamento, ora scomparsa. Il Castello attualmente presenta modifiche strutturali evidenti. Il toponimo deriva da “Porcaritia”. Nel passato questa era una località al centro di boschi di querce e,quindi, luogo più che mai adatto all’allevamento dei maiali. Il primo documento che parla del Castello è una lapide del 1002, che si trova nella Chiesa di Santa Lucia delle Quattro Porte ,dove si legge che un prete “romanus” dona la tenuta della Porcareccia ai canonici di Monte Brianzo. Nel 1192 Papa Celestino III dà la cura del fondo ai canonici di Via delle Botteghe Oscure. Il Papa Innocenzo III affidò una parte della tenuta all’Ordine Ospedaliero di Santo Spirito. La tenuta passò, dopo la crisi fondiaria del 1527, ai principi Massimo e nel 1700 ai Principi Borghese, quindi ai Salviati e ai Lancillotti. Attualmente proprietaria del Castello è la Famiglia Giovenale che lo possiede dal 1932. Il portale d’ingresso è imponente e su di esso vi è lo stemma di Sisto IV. Prima di accedere al cortile interno, nel “tunnel”, in alto, si notano dei fori passanti sedi di una grata metallica che,alla bisogna, veniva calata per impedire assalti ed irruzioni di nemici .Nel giardino del Castello vi è, in bella mostra, una stele commemorativa di un funzionario imperiale delle strade. La stele probabilmente era riversa in terra perché presenta evidenti segni di ruote di carro. Vicino vi è una lapide funeraria con incisi dei pavoni, antico simbolo di morte. Sono visibili altri reperti di epoca romana, come frammenti di capitelli e spezzoni di colonne. In bella mostra, montata alla rovescia, vi è una vecchia macina a mano, una simile è nel cortile della Chiesa di Santa Maria di Galeria. Nel piazzale interno c’è la Chiesetta di Santa Maria la cui costruzione risale al 1693. Ciò che colpisce nella chiesa è la bellezza dell’Altare in legno intagliato, come dice uno dei proprietari, il Sig. Pietro Giovenale:”l’Altare è stato costruito dai prigionieri austriaci della Grande Guerra che qui erano stati internati”. Nel 1909, giusto un secolo fa, in questa Chiesa celebrava la Messa il giovane prete Don Angelo Roncalli, il futuro Papa Buono,Giovanni XXIII il quale veniva in questi luoghi per goderne la bellezze naturali e gustare”la buona ricotta” che Gli veniva offerta. La tenuta della Porcareccia fu anche antesignana della “guerra delle quote latte”. Ci narra la storia che nel periodo di carestia si diede il massimo sviluppo all’allevamento dei suini per sfamare la popolazione di Roma, come si legge in una bolla di Papa Urbano V nel 1362 che decretava “libertà di pascolo ai suini in qualsiasi terreno e proprietà…”. Per segnalare la presenza degli animali furono messi dei campanelli alle loro orecchie e chiunque ne impediva il pascolo incorreva in pene severissime. A seguito delle proteste della Germania,all’epoca maggior produttrice ed esportatrice di suini in Europa, il Papa Sisto IV nel 1481, riaffermò il documento di Avignone di Urbano V. Davanti al Castello, divisa dalle case del Borgo a chiudere la Piazza, c’è la chiesa parrocchiale, costruita negli anni 1950/54, dedicata alle S.s. Rufina e Seconda, martiri della Via Boccea. Come tutti i castelli che si rispettano, anche questo ha il suo fantasma che si aggira nei cunicoli sotterranei inesplorati che si diramano dal Castello nella campagna circostante. Ma alla domanda che rivolgo al Sig. Giovenale se esiste il fantasma egli risponde con un sorriso.
N.B. Le foto originali sono di Franco Leggeri- Fonte articolo: Autori Vari- Si Evidenzia che gli Alunni di Casalotti hanno realizzato un pregevole lavoro sulle origini e la Storia del Castello- Intervista con il Sig. Giovenale di Franco Leggeri- L’articolo è solo una sintesi di uno studio molto più esaustivo e completo sul Medioevo e i sistemi difensivi di Roma e della Campagna Romana – TORRI SARACENE-TORRI DI SEGNALAZIONI – realizzato da Franco Leggeri
Un’opera di grande valore artistico: il Crocifisso ligneo della Basilica Vaticana è stato presentato restaurato oggi alla stampa, in Vaticano, e sarà restituito alla devozione dei fedeli il prossimo 6 novembre, in occasione del Giubileo dei carcerati. A realizzare la scultura, nel XIV secolo, un abile maestro che la tradizione vuole sia Pietro Cavallini. I lavori di restauro sono stati eseguiti in oltre un anno, con le più moderne tecnologie, e grazie al sostegno dell’Ordine dei Cavalieri di Colombo, per il Giubileo della Misericordia.
Le pupille attonite ormai fisse sull’Eterno e la bocca semiaperta con le labbra tese: la figura di Gesù crocifisso è riprodotta dall’artista nell’attimo della morte, mentre sta per esalare l’ultimo respiro. Intagliato su un tronco di noce e dipinto, è alto 2 metri e 15 e pesa 72 chili.
Il volto del Crocifisso: la commozione per l’Amore non amato
Profonda nei secoli la devozione verso questo Crocifisso, dal volto sofferente e meraviglioso al tempo stesso, come ci conferma il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica Vaticana e presidente della Fabbrica di San Pietro:
– Io parlo per mia esperienza personale. Quando i nostri lavoratori pulivano l’occhio, a me è sembrato che il Crocifisso in qualche modo mi guardasse come per dire: “Cosa aspetti? Vedi l’amore? Ecco, rispondi…”. L’emozione che provò San Francesco nella chiesetta di San Damiano, quando si sentì dire: “Francesco, ripara la mia casa”, va tutta in rovina. E Tommaso da Celano dice che da quel momento provò compassione per il Crocifisso. È impressionante. Cominciò a capire che a quell’Amore non c’era adeguata risposta. L’ho sentito anche io guardando l’occhio del Crocifisso che mi guardava…
– Quel sentimento dell’Amore non amato …
– Dell’Amore non corrisposto, l’Amore non amato, come diceva San Francesco.
Straordinari particolari anatomici: grande la devozione nei secoli
Questo Crocifisso è il più antico presente nella Basilica di San Pietro e ha vissuto vari spostamenti all’interno della stessa Basilica. Quando i lanzichenecchi la invasero, fu anche oltraggiato: vestito con i loro abiti, come se fosse un manichino. Colpisce la grande fedeltà dei particolari anatomici, come ci conferma mons. Vittorio Lanzani, delegato della Fabbrica di San Pietro:
– Guardando questo Crocifisso si notano con stupore tanti particolari del corpo, cose che non si trovano in altri crocefissi lignei: particolari precisi, anatomici, che indicano che lo scultore o la persona che era con lui erano espertissimi nell’anatomia, a partire dalle vene delle braccia, delle gambe, dai tendini tesi della gamba, soprattutto vicino alla caviglia, fino alle costole, alla ferita del costato che ha addirittura due aperture, una sulla carne viva e l’altra della pelle che si ritrae esternamente. Per non parlare poi del viso che ha una prospettiva bellissima. Oltre tutto, il viso è stata una delle parti più illese, perché quando è stato tolto tutta quella vernice di cui era ricoperto e si sono visti gli occhi aperti, mentre prima si pensava fossero chiusi, è stata un’emozione grandissima!
– Quasi una fotografia scattata a Gesù morente?
– È un Crocifisso che voleva suscitare la pietà del Cristo morente. Infatti il Cristo ha gli occhi e la bocca aperti e nell’ultimo istante del grido della morte e poi del “Tutto è compiuto. E chinato il capo, emise lo spirito”. Qui è reso in modo plastico. I fedeli si ispiravano molto a questo Crocifisso perché era molto ricercato – allora era detto miracoloso per la pietà e per l’umanità che ispirava.
Il Crocifisso sarà esposto il 6 novembre per il Giubileo dei carcerati
Nel corso dei secoli, l’opera è stata spostata più volte all’interno della Basilica Vaticana. Dal 1632 fu esposta nella cappella del Crocifisso fino al 1749 quando fu spostata perché lì fu collocata la Pietà di Michelangelo. Quindi venne portata in un’altra cappella dove finì quasi dimenticata. Il 6 novembre prossimo il Crocifisso ligneo, in occasione del Giubileo dei carcerati, sarà esposto sul lato destro del Baldacchino del Bernini e il 18 novembre, in concomitanza con l’anniversario della Dedicazione della Basilica, durante la Messa, sarà collocato proprio nella Cappella del Santissimo Sacramento dove resterà.
Il restauro ha restituito al 90 per cento la struttura originaria
Nei secoli il Crocifisso era stato ricoperto da 9 strati di vernice scura ed era difficile quindi cogliere lo splendore della sua policromia. Il restauro è riuscito a restituire il 90 per cento della struttura originale e la forza plastica del corpo. I due principali restauratori sono stati Giorgio Capriotti e Lorenza D’Alessandro. A lei abbiamo chiesto quale particolare l’abbia colpita maggiormente durante il restauro:
– Senz’altro il fatto di essere arrivati a recuperare la pellicola pittorica originale, perché di solito in interventi di questo tipo su opere così antiche, ci si ferma prima proprio perché non si ha la certezza di ritrovare ancora materia così antica. Parallelamente abbiamo potuto capire che sul capo, originariamente, c’era una corona di spine, proprio perché abbiamo trovato inserti, piccoli cavicchi lignei che la tenevano. È andata ovviamente dispersa ed era stata sostituita nell’800 da una corona di corde, che ora è stata rimossa e sostituita da una corona di spine. Ma anche in questo caso è stata scelta una spina particolare: la Spina Christi, un arbusto dell’area mediterranea.
– È stato sicuramente un viaggio a ritroso nel tempo: strato dopo strato dal Terzo Millennio siete riusciti a risalire al Cristo del 1300 a livello di colori e di struttura?
– Sì, esattamente questo. Non potevamo arrivare con il laser direttamente a contatto con la pellicola pittorica perché si sarebbe rovinata. Quindi l’unico modo per non perdere le informazioni preziosissime di tutte le manutenzioni era togliere pelle per pelle, anche perché bisognava fare delle puliture selettive: ogni ridipintura aveva bisogno di un determinato solvente o di una determinata attrezzatura, ma in questo modo le informazioni ci sono arrivate!
– E l’emozione è stata molto grande …
– E l’emozione è stata grandissima, proprio un vero viaggio a ritroso nella storia!
“Ispirandosi al celebre saggio del critico strutturalista Gérard Genette, “Soglie”, dedicato agli elementi ausiliari del libro (il “paratesto”), Giuseppe Sergi esce dal suo abituale riserbo (come fa con saggia parsimonia) per regalarci questo bel libro, che riesce a essere tre cose insieme. Primo, una grande panoramica sulla medievistica dell’ultimo secolo. Secondo, un’utilissima raccolta di saggi che, accuratamente sistemati e sobriamente rivisti, compongono nel loro insieme un Companion storiografico e metodologico di alta qualità, che sarà utile a tutti quelli che (studiosi o studenti) studiano quell’età affascinante quanto difficile, che è il medioevo; e indispensabile agli amatori più accorti e intelligenti. Terzo, un dignitoso, ma anche intenso, caloroso bilancio di uno studioso “di lungo corso”, una mente lucida e appassionata, che ama il suo lavoro, adora aggiornarsi con impegno e umiltà e ha ancora molte cose da dire. […] “Soglie del Medioevo” è un libro lineare, semplicissimo nella sua struttura, che raccoglie appunto alcune “soglie”: principalmente prefazioni e postfazioni, sia pure “rilette” e ritoccate, redatte tra 1989 e 2016. Delle quattro parti in cui è diviso, la prima, quella di maggior respiro, riguarda i “grandi temi”, dagli “albori” dei secoli IX-XI alla storia comparata tra est e ovest europei; la seconda, la più intensa, i maestri […]; la terza, professionalmente parlando la più impegnativa, i metodi (esemplare, tra gli altri, il saggio sulla staffa, eccellenti quelli sui pellegrinaggi(; la quarta, che alla precedente è strettamente collegata, i luoghi, e qui dalle Alpi e dal Piemonte, che pur fanno la parte del leone, si arriva fino in Daunia.” Franco Cardini (Avvenire, 02/12/16).
ROMA-SALA UMBERTO: Dal 7 al 19 FEBBRAIO 2017 sarà in scena I SUOCERI ALBANESI di Gianni Clementi, con
FRANCESCO PANNOFINO | EMANUELA ROSSI
con ANDREA LOLLI | SILVIA BROGI | MAURIZIO PEPE
FILIPPO LAGANÀ | ELISABETTA CLEMENTI
regia di
CLAUDIO BOCCACCINI
produzione Viola Produzioni
Una famiglia borghese: un padre, una madre e 2 figli. Lui, Lucio, 55enne, consigliere comunale progressista, lei, Ginevra, 50enne, giornalista illuminata, con un passato fatto di lotte politiche e rivolte generazionali, conducono un’esistenza improntata al politically correct, cercando quotidianamente di trasmettere ai figli, Camilla, 16enne, e Pietro, 23enne, questo loro stile di vita, pregno di valori importanti, di parole mai banali: l’importanza della politica, della solidarietà, della fratellanza.
Ogni occasione è buona per ribadire simili concetti: a tavola, ascoltando un telegiornale, commentando episodi di vita. Ma come in tutte le famiglie anche le incombenze pratiche occupano uno spazio importante nella vita di Lucio e Ginevra e la rottura di una tubazione del bagno di servizio, che rischia di allagare l’appartamento sottostante, obbliga i coniugi a chiamare una ditta per il restauro completo del servizio igienico. La ditta è formata da due ragazzi: Igli, 27 anni e Lushan di 18. Sono albanesi, con una storia alle spalle di quelle che si leggono tutti i giorni sui quotidiani. Viaggi su barconi fatiscenti, periodi di clandestinità, infine l’agognato permesso di soggiorno e adesso una Ditta, con tanto di partita Iva e lavoro in quantità. Un esempio da seguire per Camilla e Pietro! È questo che Lucio e Ginevra pensano, guardando a quella luce che illumina gli sguardi dei 2 ragazzi. Una luce piena di vitalità, voglia di fare, come solo chi ha davvero conosciuto la fame può ancora avere. Ma un giorno Lucio dimentica un importante documento, torna a casa ad un orario imprevisto e le certezze sue e di Ginevra crollano come un castello di carte. E i vecchi proverbi non passano mai di moda: chi predica bene, razzola male….
Torna anche per la stagione 2016/2017, la commedia “I suoceri albanesi” di Gianni Clementi, reduce dal grande successo di critica e di pubblico della scorsa stagione in tutto il territorio nazionale, riassumibile in pochi numeri: 50 città, 86 repliche, 50.000 spettatori e una lunga serie di “sold-out”.
SALA UMBERTO
Via della Mercede, 50 Roma
Tel. 06 6794753
www.salaumberto.com
giovedì e venerdì ore 21, sabato ore 17 e 21, domenica ore 17
Questo sito usa i cookie per migliorare la tua esperienza. Chiudendo questo banner o comunque proseguendo la navigazione nel sito acconsenti all'uso dei cookie. Accetto/AcceptCookie Policy
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish.Accetto/AcceptCookie Policy
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.