PREMIO “CAMPAGNA ROMANA 2016”: LA CERIMONIA DI PREMIAZIONE SI TERRA’ SABATO 3 DICEMBRE, alle ore 18.30, NELLA CHIESA SPIRITO SANTO DI CASTEL DI GUIDO.
Lo scopo principale del Premio è di sottolineare i valori di fratellanza e il Bene Comune tra i Cittadini del Borgo di Castel di Guido. I premiati sono Cittadini che hanno dato lustro e valenza culturale , con le loro opere ed il loro lavoro , alla nostra terra. Con questo Premio il nostro Borgo vuole essere non più “terra di confine”, ma parte attiva del Municipio XIII di Roma Capitale. La cerimonia avrà come scenografia la magnifica chiesa medievale di Castel di Guido , il Coro “DONNE TRA LE NOTE” di Cerveteri, direttrice Anna De Santis, delizierà i presenti con melodie che introducono alla magica dolcezza del Santo Natale.
CASTEL DI GUIDO-MUNICIPIO 13 di ROMACAPITALE. Programma della Cerimonia del PREMIO “CAMPAGNA ROMANA 2016”
Seconda Edizione del PREMIO “CAMPAGNA ROMANA 2016”:
LA CERIMONIA DI PREMIAZIONE SI TERRA’ SABATO 3 DICEMBRE, alle ore 18.30, NELLA CHIESA SPIRITO SANTO DI CASTEL DI GUIDO.
La cerimonia avrà come scenografia la magnifica chiesa medievale di Castel di Guido , il Coro “DONNE TRA LE NOTE” di Cerveteri, direttrice Anna De Santis, delizierà i presenti con melodie che introducono alla magica dolcezza del Santo Natale.
Il complesso corale “Donne tra le note” nasce nel 2003. La partecipazione di sole donne è voluta e non casuale. Sotto la direzione del M° Anna De Santis il complesso ha avuto parecchi riconoscimenti lavorando con varie associazioni del territorio. Nel 2005 ha partecipato ad un recital sotto la direzione di Don Cimini che si è tenuto nell’auditorium di Santa Cecilia. Nel 2009 è stato
vincitore assoluto e di categoria di un concorso Unesco bandito per la città di Cerveteri. Il complesso vanta un vasto repertorio che va dalla canzone classica italiana, al musical, all’operetta, qualche puntatina all’opera.
Il concerto del 3 Dicembre sarà tradizionalmente di Natale
1 QUANNO NASCETTE NINNO S. ALFONSO MARIA DE LIGUORI (E’ un canto natalizio del 1754 in napoletano. Da questo canto deriva “Tu scendi dalle stelle” . L’autore fu il primo ad usare il dialetto napoletano per un canto religioso.
2 NOEL NOEL E’ la versione italiana di The first noel, una carola inglese di cui non è ben nota l’origine, che si ritiene possa essere francese. Venne eseguita nella forma attuale per la prima volta nel 1833.
3 ASTRO DEL CIEL Stille Nacht nella sua versione originale austriaca, è uno dei canti natalizi piu’ famosi. Il testo è del sacerdote Joseph Mohr e la musica, composta nella notte di Natale del 1818 è di Franz Gruber.
4 THE LITTLE DRUMMER BOY La melodia di questo brano è di origine Ceca o Spagnola sulla quale Katherine Davis ha scritto le parole. E’ stato riarrangiato poi da Henry Onorati.
5 IN NOTTE PLACIDA nasce dalla fusione di un teso italiano con la musica pastorale del compositore francese Francois Couperin.
6 FERMARONO I CIELI In questo poema sono associate tre div erse melodie tradizionali, dato che S.Alfonso Maria de Liguori usa il ritornello che proviene dalla tradizione dei racconti orali.
7 GOD REST YOU MERRY GENTLEMEN di autore ignoto è la più popolare tra i Carols inglesi
8 NANITA NANA Deriva da un tradizionale Villancico spagnolo, che indica appunto un canto tradizionale natalizio
9 AMAZING GRACE John Newton è autore di questo testo. La melodia sembra essere di provenienza scozzese.
10 LA VERGINE DEGLI ANGELI Questo brano è tratto dall’opera La forza del destino di Giuseppe Verdi. E’ un momento molto drammatico dell’opera: Leonora, vestita da uomo, chiede asilo al Padre Guardiano del convento della Madonna degli Angeli per sfuggire al fratello che la crede complice dell’omicidio del padre.
11 CAROL OF THE BELLS Trae origine dal un brano folkloristico ucraino che veniva cantato per celebrare il nuovo anno. . Successivamente Peter Wilhousky compose un nuovo testo che parlava di tutte le campane del mondo che celebravano la nascita di Gesù.
La statua di Giunone velata ( Alta senza il plinto, palmi otto) dissotterrata presso Castel di Guido, sito corrispondente all’antico Lorio, è considerabile per la sua integrità, essendone conservata anche la destra che sostiene la patera. Questo simbolo, il velo e ‘l diadema la caratterizzano abbastanza per Giunone, che velata appunto s’incontra, e colla patera nelle antiche medaglie che porta l’epigrafe di Giunone regina. E velata era la sua statua che sul Campidoglio si venerava, come da’ medaglioni di Adriano apparisce, ne’ quali si rappresentano le tre divinità Capitoline. Era così proprio il velo di questa Dea, che Alberico e Fulgenzio, autori vissuti in un tempo nel quale filosofi pagani si sforzavano di scusare con industri allegorie tutti gli assurdi delle lor religioni, ne danno delle ingegnose spiegazioni. Il primo intende pel velo le nubi che offuscano l’aria, di cui questo Nume è il simbolo (Albric, de Junone):l’altro crede additarsi col velo , che le ricchezze, delle quali Giunone è l’arbitra, si tengono studiosamente celate (Fulgent. Mytholog. Lib. II, Juno). Queste sottili interpretazioni non ci danno sicuramente l’idea de’ più antichi artefizci, i quali la velarono e come matrona, o ancora come sposa di Giove, col quale titolo ebbe un simulacro in Platea, opera di Callimaco (Pausan.Boetic. cap.2). Velata era la sua statua antichissima di legno in Samo, lavoro di Smilida contemporanea di Dedalo, come apparisce dalle medaglie; ed oltre il velo aveva anche sul capo una specie di modio (Museo Pisani, Tab, XXIII, XXXIX); io che più volentieri osservo , perché nel nostro simulacro esisteva anticamente questo attributo, rimanendovi ora sul capo un piano rotondo che lo reggeva, oltre un foro quadrangolare , in cui s’innestava. O questo fosse un vestigio delle colonne che negli antichissimi tempi di veneravano per istatue ( Buonarroti, Medaglioni, ec. Pag. 216), o un vero moggio , segno della gratitudine degli adoratori, che si dichiaravano così di tenere da’ Numi le loro dovizie: nella nostra statua, che non è certamente in uno stile antico, può dirsi aggiuntovi o per imitazione di qualche vetusta immagine della Dea, o per dimostrarla dispensatrice e padrona delle ricchezze, come si è accennato poc’anzi. Questo simulacro , ben inteso nel panneggiamento , non è opera greca, ma lavoro de’ tempi dell’impero romano. Adornava forse il Lorio un suburbano imperiale, nel quale fu educato e morì l’imperatore Antonino Pio (Giulio Capitolino, Antonino Pio, cap. 1 e 12).
Dal volume Il Museo Pio Clementino illustrato e descritto, Volume 1- di Ennio Quirino Visconti, Giovanni Labus.
ROMA- MUSEI CAPITOLINI-Il volto, dall’ovale morbido e rotondo, è caratterizzato dagli occhi allungati, contornati da pesanti palpebre, e dall’ovale della pupilla inciso, e da un mento piccolo e sfuggente. I capelli, pettinati con scriminatura centrale, sono ripartiti in ciocche ondulate che seguono il profilo della fronte; essi sono poi raccolti in una treccia, adagiata sulla parte superiore della testa, la cui estremità inferiore corre sul retro fino alla nuca. Il ritratto, a causa del suo accentuato realismo, fu verosimilmente elaborato prima della morte e della divinizzazione dell’imperatrice.
Annia Galeria Faustina, meglio nota come Faustina maggiore (105 – 140), fu Augusta dell’impero romano visse a Lorium attuale Castel di Guido. Appartenente alla dinastia degli Antonini, fu moglie dell’imperatore Antonino Pio, madre dell’imperatrice Faustina minore, e zia dell’imperatore Marco Aurelio. Fu la figlia del console Marco Annio Vero e di Rupilia Faustina, che era sorellastra dell’imperatrice Vibia Sabina e figlia di Salonina Matidia, nipote di Traiano. Faustina sposò Antonino intorno al 110, e gli diede due figli e due figlie. Quando Antonino divenne imperatore nel 138, Faustina ottenne il titolo di Augusta. Il matrimonio tra i due fu felice, fino alla morte di Faustina nel 140 o 141: Antonino la divinizzò e le intitolò un nuovo alimenta, il Puellae Faustinae, e un tempio nel Foro Romano, diventato il Tempio di Antonino e Faustina in seguito alla divinizzazione dell’imperatore dopo la sua morte. Fu imperatrice dal 138 al 140 d.C. (la rarità è dovuta anche a questo?) Morì 35enne.
Principessa Donna Teresa Orsini Doria Pamphilj Landi –Proprietaria della tenuta e del Casale della Bottaccia fece eseguire gli scavi archeologici del 1748-furono trovate le statue di : Giunone velata,Domizia sotto le spoglie di Diana, varie tombe cristiane.
Biografia-Teresa Orsini Doria (1788-1829), gravinese e fondatrice delle Suore Ospedaliere della Misericordia -Nacque a Gravina in Puglia, ducato della sua famiglia, il 23 Marzo 1788, giorno di Pasqua, da Domenico Principe di Solofra e da Faustina Caracciolo dei Principi della Torella. Fu battezzata solennemente lo stesso 23 marzo nella cattedrale, vicino al palazzo Orsini, dove Vincenzo Maria Orsini, futuro papa Benedetto XIII (1649-1730) era stato battezzato, più di cento anni prima. Teresa rimase orfana di padre ad appena due anni. Lei era la primogenita e sua Madre Faustina era in attesa del secondo figlio. Allora il nonno Filippo, noto per la sua fede e buona condotta, si occupo della sua educazione, poi fu affidata alle cure delle Suore del monastero della Sapienza di Napoli, dove ricevette sotto la guida delle monache della Sapienza il sacramento della cresima il 15 maggio 1801, nella cappella dell’educandato. A dodici anni Teresa venne trasferita a Roma per terminare il corso dei suoi studi, prima dalle Orsoline, poi dalle Benedettine di Tor De’ Specchi. La sofferenza causata dalla morte del padre e la lontananza dalla madre non fece irrigidire il suo cuore, al contrario, fece maturare ancor più la sua comprensione della sofferenza altrui. Avendo terminato l’iter formativo, all’età di venti anni, scelse la vita matrimoniale, sposando il principe Luigi Andrea Doria Pamphili Landi (di Roma). Ebbe quattro figli che amò teneramente. La vita di Teresa è un esempio dell’amare e del servire cristianamente, è una dimostrazione di come deve essere il vero amore cristiano, gratuito e disinteressato. Dio le aveva donato tutte le virtù fisiche e morali: era una vera nobildonna, sposa felice, madre affettuosa, donna di carità impegnata nel sociale, al servizio dei malati, dei diseredati e degli emarginati della società del suo tempo. Nel suo umile servizio agli altri spesso dimenticava se stessa, per lei non esistevano difficoltà ed ostacoli quando si trattava di stare vicino a coloro che ne avevano bisogno: familiari, parenti, amici e persone sconosciute, tutti quelli che in quel momento particolare rappresentavano il Signore sofferente. Pur appartenendo ad una delle più illustri famiglie romane, non dimenticò la gente semplice, pertanto seppe armonizzare i suoi impegni sociali con la carità verso gli altri. Vide lo sfacelo morale e materiale che la rivoluzione francese aveva portato in Europa e a Roma soprattutto, dove ella viveva. Questo era per Teresa terreno fecondo per esercitare la grande carità di Cristo. Organizzò molte iniziative caritatevoli a favore dei più diseredati: malati pellegrini, carcerati abbandonati, donne in difficoltà, ecc.; sempre presente in ogni ambiente di dolore, pronta nel curare, con le sue stesse mani, le piaghe del corpo e i disagi dello spirito. Perché la fiaccola da lei accesa non si estinguesse, ma proseguisse nel tempo, pensò ed attuò un suo progetto di carità: radunò attorno a sé delle giovani donne che, senza motivo di lucro, donassero la vita a sollievo dei malati negli ospedali, dove essi giacevano abbandonati a loro stessi. Nacquero così, il 16 maggio 1821, all’interno dell’ospedale San Giovanni in Roma, con regole proprie, le Suore Ospedaliere della Misericordia, continuatrici dell’opera di Teresa Orsini Doria tra i malati. Perfetta nobildonna romana, corteggiata, stimata, ammirata, onorata per la sua ricchezza, per la sua straordinaria bellezza, per la sua intelligenza ….ma tutto ciò non le bastò. Da ricca che era…, Teresa Orsini si fece piccola: piccola per stare in mezzo ai bisognosi, ai diseredati, ai malati poveri, fra gli ultimi. Oltre a essere sposa e madre, Teresa andò in cerca della sofferenza per soccorrerla e per risolvere, alla radice, i problemi della malasanità romana con metodi moderni, con la congregazione religiosa delle Suore Ospedaliere della Misericordia, attivissime ancora oggi in tutto il mondo. Una laica, dunque, che pensava e agiva, impegnata nella famiglia e nel sociale con indicazioni che molti decenni dopo il Concilio Vaticano II recepirà. Gran parte della popolazione malata di Roma conosceva quella bellissima e ricchissima giovane signora; eppure la vedevano semplicissima nel prodigarsi a curare piaghe, dolori fisici e spirituali, ad addolcire i lamenti, portando con la sua carità Gesù Cristo a tutti. Il suo era un attivismo sereno, quasi dovesse presagire la sua precoce scomparsa avvenuta a 41 anni di età, consumata dall’amore per gli altri. Non a caso Teresa Orsini è conosciuta come “martire della carità”. Consumata dalle fatiche morì il 3 luglio 1829. E’ dedicata a Teresa Orsini una via cittadina.
Fonte:
Cristina Siccardi, Da ricca che era…., Vita e opere di Teresa Orsini Doria, Società San Paolo, Alba (Cuneo) 2006
Carlo Caputo, Teresa Orsini, Principessa di Gravina, Mamma esemplare, Nobildonna di carità – Matera 2005
BREVE STORIA CONGREGAZIONE DELLE SUORE OSPEDALIERE DELLA MISERICORDIA ( HOSPITALER SISTERS OF MERCY)
La Congregazione delle Suore Ospedaliere della Misericordia, Istituto di diritto Pontificio, nato nel 1821 dal grande cuore del1a Serva di Dio la Principessa Teresa Orsini Doria Pamphili Landi, sotto gli auspici del Papa Pio VII.
Teresa nacque nella piccola città di Gravina di Puglia, il 23 Marzo 1788, da Domenico Orsini, principe di Solofra e da Faustina Caracciolo dei principi della Torella. Era ancora fanciulla quando rimase orfana di padre mentre la mamma era in attesa del secondo figlio. Il nonno paterno Filippo conosciuto e noto per la sua fede e buona condotta, si occupò della sua educazione. Così Teresa condusse l’infanzia e l’adolescenza presso i vari Monasteri educativi: prima dalle Suore Domenicane della Sapienza in Napoli, poi presso le Orsoline e le Benedettine di via Tor de Specchi a Roma. La sofferenza causata dalla morte del padre e la lontananza dalla madre, non fece irrigidire il suo cuore, al contrario, fece maturare ancor più la sua comprensione per la sofferenza altrui. Avendo terminato l’iter formativo, a1l’età di vent’anni, scelse la vita matrimoniale, sposando il principe Luigi Andrea Doria Pamphili Landi di Roma. Dal felice matrimonio nacquero quattro figli, che Teresa desiderò educare personalmente, rompendo cosi, l’usanza dell’epoca di affidare la prole a Balie di campagna.
Tutta la vita di Teresa scorreva costantemente felice, nel vero termine cristiano della parola: amava e timorata di Dio, amava la sua Chiesa, amava i1 marito, amava i figli e congiunti, amava gli amici. La porta dei suoi Palazzi sia a Roma che ad Albano erano sempre aperte, a coloro che desideravano la sua accogliente carità, sia coi suoi saggi consigli e la sua amorevole comprensione e sia la sua compagnia intelligente, attenta ed affettuosa. Nessuno rimaneva disdegnato di lei, nessuno rimaneva senza il suo aiuto. Teresa pur appartenendo ad una delle più illustra famiglie romane, non dimenticò la gente semplice, pertanto seppe armonizzare i suoi impegni sociali, con la carità verso gli altri ed aveva la giusta temperanza di costumi. Era una vera nobildonna di sangue e di spirito, curava l’arte e gli oggetti di antichità: commetteva scavi archeologici sia ne1la villa Pamphili sia in Lorio sulla via Aurelia. In quest’attività tipica ad una nobildonna, ella unì quella della carità e di servizio.
La vita di Teresa, è un esempio dell’amare e de1 servire cristianamente, è una dimostrazione di come deve essere il vero amore cristiano, gratuito e disinteressato. Dio le aveva donato tutte le virtù fisiche e morali: era una vera nobildonna romana, sposa felice, madre affettuosa, educando il figli al santo timor di Dio, al servizio della Chiesa e dell’umanità sofferente, donna impegnata nel sociale al servizio dei malati, diseredati ed emarginati della società del suo tempo.
Nel suo umile servizio agli altri, spesso dimenticava se stessa, sia nel dormire che nel mangiare; per lei non esistevano difficoltà ed ostacoli quando si trattava di stare vicino a coloro che ne avessero bisogno: famigliari, parenti; amici, persone sconosciute, tutti quelli che in quel momento particolare rappresentavano il Cristo sofferente, in altre parole, sapeva essere vicina a chi piangeva, a chi soffriva, a chi moriva, ma non solo; sapeva condividere anche le gioie e le felicità umane. Teresa, tante virtù umane e spirituali, dove le aveva appreso? Ella apparteneva a molte confraternite religiose, ma amava di più quella dell’Addolorata alla quale si sentiva più vicina nella sofferenza della Croce e vedendo il volto di Cristo in tutte le miserie umane: Teresa è vissuta durante la rivoluzione Francese e subendola con la sua famiglia tutte le loro angherie fino a quella della rinnegazione alla Fede Cattolica. Con il ritorno a Roma dall’esilio di Francia il Papa Pio VII, trovò miseria, fame e distruzione ovunque. Egli si rimboccò le maniche, come si vuol dire e chiedendo aiuto a tutte le persone di buona volontà per alleviare la sofferenze umane. Teresa unita alla sue Consorella di confraternite si è messa a capo fitto organizzando e lavorando con Esse.
Nel 1820, la vita di Teresa ebbe una svolta, costretta per quattro mesi a letto da una grave forma di malattia reumatica, rimessasi in salute, ricominciò il suo volontariato, con le visite negli ospedali, di S. Giacomo detto dagli Incurabili, della Consolazione, dalla Trinità dei pellegrini e di San Giovanni. Quasi ogni giorno con qualche consorella si recava all’Ospedale degli Incurabili (ora San Giacomo) dove si prodigava con le sue mani a servire e medicare le piaghe spirituali, avvolte anche materiali dei poveri infermi e lasciava loro ogni volta una generosa offerta per farle sopravvive. Non tutte le consorelle si comportavano decentemente come lei, presentandosi vestite con troppa ricercatezze. Teresa dovette, modestamente ed affettuosamente fargliele notare come era solita, invitandole a condividere la sua carità ed umiltà. Il suo modo amabile di ammonire con l’esempio e con le parole, faceva si che esse si emendassero, esprimendo esplicitamente la gratitudine. Il Papa Pio VII, per questi meriti la nominò Dama della pubblica beneficenza . La carità di Teresa era una delle virtù principali che originariamente, insieme alle consorelle
delle varie confraternite serviva con tale carità ed umiltà, che sorprendeva tutti coloro, cha conoscendo la sua posiziona sociale, non dimostrava mai ribrezzo verso alcuna malattia. Con il suo esempio sollecitava anche le consorelle a servire i malati con analogo spirito di carità evangelica; dall’ospedale dagli incurabili spesso passava ad esercitare la sua carità nell’ospizio dalla Trinità dei Pellegrini, dove dal Papa era stata eletta priora. Alcune volte tornando da qualche ricevimento (per la sua posizione aristocratica che non
poteva mancare) anzi che andare a casa passava nell’Ospizio, dove deponeva le vestimenta da cerimonia e indossava quelli per l’assistenza ai numerosi convalescenti e pellegrini che si recavano a Roma per visitare le sacre reliquie degli Apostoli e dei Martiri ivi depostevi. Nel 1820, cominciò a pensare, ispirandosi dell’esempio di vita dei Fondatori ospedalieri come San Francesco di Sales e San Vincenzo Dé Paoli, alla fondazione di un opera femminile che si dedicasse senza scopo di lucro all’assistenza dei malati negli ospedali. Teresa affrontava le situazioni con la assidua preghiera e Lume dall’alto. La prima fondazione avvenne nel 1820 presso la Parrocchia dalla Madonna dei Monte a Roma. Teresa con alcune consorelle si dedicavano con speciale servizio a domicilio per le malate che non trovando posto negli ospedali esse rimanevano abbandonate nelle proprie case; quest’associazione di volontarie era chiamata Suore della carità .
Un Deputato Ospedaliero di San Giovanni responsabile dell’andamento assistenziale dello stesso ospedale, vedendo il proficuo lavoro che queste suore cosi chiamate facevano tanto del bene nella Parrocchia della Madonna dei Monti; invitò la Principessa Teresa Orsini Doria a trasportare tale istituzione nell’ospedale di San Giovanni (detto allora “Sancta Sanctorum”). Teresa pensò, perché defraudare l’assistenza a domicilio alle povere inferme? Quindi, pensò ed attuò di fondare un altro gruppo di volontarie che si dedicassero a tempo pieno e senza scopo di lucro al servizio delle inferma ricoverate nella struttura di Sancta Sanctorum. Teresa, tra le sua amiche trovò quattro giovani che il giorno 16 Maggio dal 1821, le suddette, dopo aver partecipato alla Santa Messa nella Chiesa di San Marcello al Corso , furono dalla stessa principessa Teresa accompagnate all’ospedale di San Giovanni con previo avviso ai responsabili presentandole agli Amministratori e Sanitari. Poiché queste giovani non erano pratiche di fare assistenza diretta, Teresa le mise sotto la sorveglianza di Professori, affinché gli dessero nozioni di medicina e chirurgia; infatti le nostre consorelle furono adibite oltre all’assistenza diretta anche alla bassa chirurgia consistente nel fare medicazione e piccoli interventi, quindi la prima scuola per Infermiere sorta a Roma, è stata quella che Teresa ha voluto per l’assistenza ai malati. Teresa Orsini; accompagnando le quattro giovani nell’ospedale di San Giovanni, disse ai Deputati e Sanitari presenti, “il mio compito è finito”, ma essi risposero che non era il caso di lasciar sola la comunità nascente che aveva bisogno di guida, sostegno morale, materiale e di contattare tra l’Amministrazione e la comunità religiosa. Così la Principessa è vissuta e ha avviata la congregazione SOM dirigendola e difendendola, fino alla sua morte avvenuta il 3 Luglio 1829.
Teresa per questa famiglia religiosa ha molto sofferto, sia da personale laico dirigente e non, e persone ecclesiastiche il quale non vedevano di buon occhio perché in quanto a Roma esisteva tale istituto religioso che si dedicasse all’assistenza diretta ai malati (mentre le suore di carità di San Vincenzo de Paoli e le Brignoline di Genova erano ospedaliere si, ma solo per la direzione dei servizi infermieristici e domestici). La nostra Fondatrice, dopo tanto pregare e soffrire chiese aiuto al Monsignor Giuseppe Antonio Sala il quale con regole proprie e interessamento diretto dal Papa Leone XII il quale approvò le Costituzioni con Motu Proprio il 3 Gennaio 1826 e riapprovato con decreto di lode da Gregorio XVI nel 1831. Quattro sorelle possono sembrare un piccolo numero, ma alla Principessa non interessava il numero ma l’ideale, poiché nel tempo il numero si sarebbe sviluppato, sotto la spinta ed il fuoco dell’ideale.
Le nostre prime Costituzioni approvate come tutte le altre con i tre voti di Castità, Povertà e Obbedienza, vi è aggiunto quello dell’Ospitalità cioè per l’assistenza diretta ai malati ricoverati nelle strutture. Nell’anno santo del 1825 Teresa con l’auspicio del Papa Leone XII fondò, il gruppo delle Lauretane,
per l’assistenza alle donne traviate che volevano ravvedersi da una vita scandalosa e volessero costruirsi o ricostruirsi una famiglia. Teresa è stata la Superiora perpetua di questa opera benefica, infatti queste donne lavoravano tele grosse e filavano il lino, altre venivano impiegate come domestiche presso persone oneste che le accoglievano. Teresa molte volte per affrontare la situazione di mantenimento per questa benefica istituzione si è più volte tassata con i propri beni. Purtroppo alla sua morte, la fondazione, perse la guida e il necessario sostentamento per cui l’istituto dopo qualche decennio fu assorbito dalla Congregazione delle Suore del Buon Pastore.
Questa vita di Teresa, senza tregua, queste sacrificarsi senza limiti per il prossimo, questo rifiutare gli agi dalla vita, non potavano non turbare la sua salute. Infatti all’età di quarantun’anni morì, lasciando nel profondo dolore la famiglia, le sue istituzioni benefiche e tutti i poveri della città di Roma che piangendo la acclamavano con il titolo di Santa. Era il 3 Luglio 1829.
L’amore e benedizione di Dio fece sviluppare il seme gettato e la Chiesa presse atto di questa ricchezza. Le suore ospedaliere di San Giovanni attirarono l’attenzione del Papa Leone XII quando egli visitò nel 1825 l ‘Ospedale di San Giovanni. L’Amore attualizzato nel servizio disinteressato, costituirono un binomio che ha portato questa nobile dama di carità a consumare la sua vita come sposa, come madre,
come benefattrice, come fondatrice e organizzatrice indefessa del volontariato del suo tempo; ella espletò la sua carità con un’infinità di modi, soprattutto con la sua instancabile presenza là dove giacevano miserie umane, ella per prima cercava di lenire con sue stesse mani. Molte pagine d’oro vi sono nella lunga storia dell’Istituto.In tempi calamitosi le suore hanno compiuto eroici sacrifici, offrendo la loro vita nel coscienzioso adempimento del loro apostolato. Nel 1837, Roma fu colpita dal Colera, le suore nei loro ardui sforzi per tutte le necessità dei malati erano chiuse insieme ad essi nell’
isolamento, sei di esse contagiate dal “morbo”, morirono con gli stessi ammalati nello spazio di circa un mese. Nel 1854 l ‘epidemia colerica scoppiò nuovamente a Roma, durante i periodi bellici molte giovani suore sono morte contagiate dalle malattie (tifo nero, TBC, spagnola ecc.) specialmente nella seconda guerra mondiale, i feriti provenivano da ogni parte d’Italia, affollarono i reparti ospedalieri. Le suore, svolgendo anche servizi di pronto soccorso e sale
operatorie, offrirono il loro servizio non solo con competenza professionale, ma di carità e conforto a tutti i feriti, moribondi e congiunti colpiti dal grave disastro della guerra. Durante quelli anni le suore oltre il contagio soffrirono la denutrizione, e la TBC ebbe il sopravento che mieto una trentina di consorelle tutte sotto i trent’anni; realizzando in pieno il Vangelo di Gesù: “Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri fratelli”(GV. 15,1-3).
Il Concilio Vaticano II, con il suo spirito di rinnovamento, ha ridato alla Chiesa una nuova vitalità che ha anche influito sul nostro Istituto. Infatti un alba nuova è sorta all’orizzonte. L’Istituto che per volere pontificio “dalla sua fondazione era ristretto ai soli bisogni dello stato Pontificio” e successivamente dell’Italia apre nuovi orizzonti per estendere il suo apostolato ospedaliero in varie parti del mondo.
Oggi, la famiglia religiosa delle Suore Ospedaliere della Misericordia come il buon Samaritano del Terzo millennio forte dell’ eredità spirituale della loro Madre Fondatrice, continua la sua opera di carità attraverso l’opera di Misericordia professata con uno speciale voto di Ospitalità. Le suore sono presenti non solo in Italia ma anche nei diversi paesi del mondo: Svizzera, Stati Uniti, Polonia, India, Filippine, Madagascar e Nigeria, per testimoniare la Misericordia negli Ospedali, nelle Case di cura, nei dispensari, nelle Case di Riposo per gli anziani, nelle scuole, nei lebbrosari, nei centri sociali, nelle parrocchie e nelle missioni. La Congregazione è sotto la speciale protezione di Maria Santissima Madre della Misericordia.
Franco Leggeri-Origini della Diocesi di Porto e Santa Rufina
La Diocesi di Porto con le altre di Ostia, Albano, Palestrina, Frascati e Sabina fa parte delle sedi suburbicarie. Fino al 1120, epoca in cui Callisto II unì alla diocesi di Porto quella delle Sante Rufina e Seconda, le diocesi suburbicarie furono sette. I vescovi suburbicari hanno grado di cardinali ed occupano il primo luogo nel sacro Collegio. La circoscrizione delle diocesi di Porto, dopo l’unione con quella delle Sante Rufina e Seconda, comprendeva i seguenti abitati e tenute: Porto-Maccarese-Palo-Santa Severa-Santa Marinella-Palidoro – Castel di Guido- Cerveteri-Ceri-Sasso- Giuliano- Santa Maria di Galera-Casaccia-Cesano- Isola Farnese-Storta-San Nicola-Olgiata-Vaccareccia-Riano-Primaporta-Bottaccio-Testa di Lepre-Leprignano-Castiglione Ricci-Tragliata-Magliana-Buccea-Porcareccia-Torrimpietra-Pisana-Castelnuovo di Porto. La Diocesi ebbe anche giurisdizione episcopale nel Rione Trastevere, e, dopo la ricordata unione con Santa Rufina, anche nella città Leonina. Sulle origini della sede Vescovile di Selva Candida e delle Ss.Rufina e Seconda il Moroni dà le seguenti notizie:” Nel martirologio di Adone, in Tillemont, T.4,p.5, ed in Bollando, T.3, Julii,p.28, si leggono gli Atti delle Sante Sorelle Rufina e Seconda vergini e martiri. Nate da Asterio ed Aurelia di stirpe romana, illustre e senatoria, furono fidanzate e promesse spose ad Armentario e Verino, i quali apostarono il cristianesimo nel 257 0 260 per la persecuzione di Valeriano e di Gallieno. Rufina e Seconda rigettarono con orrore la proposta che loro fu fatta di abiurare anch’esse la fede di Gesù Cristo. Volendosi rifugiare in una loro terra in Toscana, per delazione de’ due apostati furono inseguite da Archesilavo conte, e arrestate al 14° miglio della via Flaminia. Ricondotte in Roma dinanzi al prefetto Giunio Donato, questi, prima con le lusinghe , poi colle minacce di fieri tormenti, fece battere Rufina alla presenza della sorella per intimorirla, la quale invece si gravò perché a lei non fosse concesso tanto onore di patire per Gesù. Riportate in tetra prigione , ivi fu bruciato letame perché rimanessero , dal puzzo e dal fumo, soffocate, invece comparve splendida luce e si sentì in soave odore. Indispettito il prefetto le fece gettare in ardente bagno, dal quale uscite illese, ordinò che si precipitassero, con grosse pietre al collo, nel Tevere, ove un Angelo le prese , sciolse e condusse a riva. Allora Giunio le consegnò di nuovo ad Archesilavo perché o le facesse morire o le lasciasse libere a sua arbitrio. Ma il crudele conte le fece condurre in una selva folta ed oscura , perché appena vi penetrava il sole, chiamata Selva Nera, nel fondo di Busso o Buxo o Boccea nella via Aurelia o Cornelia, che conduceva a Porto e Civitavecchia, 10 miglia lontano da Roma (circa 8 delle moderne miglia). Ivi fece loro troncare le teste, lasciando i loro corpi insepolti esposti alle fiere. Comparse in visione a Plautilla matrona romana e signora del territorio, sebbene ancor gentile, l’esortarono a farsi cristiana ed a seppellirle. Tutto Plautilla eseguì, e trovati i cadaveri incorrotti diè loro sepoltura in onorevole monumento. Pel concorso de’ fedeli a venerarle , reso chiarissimo il luogo pel martirio più tardi patito anche dai SS.Marcellino e Pietro (V.Chiesa dei SS. Marcellino e Pietro) e pei miracoli da Dio operati, fu denominato Selva Candida, Sylva Candida. Vi fabbricò una magnifica basilica San Giulio I papa del 336, vi ripose i corpi delle dette Sante e Santi (secondo Piazza, che però nell’Emerologio di Roma dice che i corpi dei SS. Marcellino e Pietro furono sepolti nel Cimitero di Tiburzio in sontuoso mausoleo da Sant’Elena), ed in loro onore la dedicò prevalendo il nome delle Sante Rufina e Seconda, chiesa che San Damaso I nel 367 terminò. Frequentando la chiesa i cristiani, a poco a poco si fabbricarono abitazioni e si formò una popolata e nobile città, che meritò la Sede vescovile immediatamente soggetta alla Santa Sede, la seconda delle Suburbicarie dopo quella di Ostia. La città prese il nome delle Sante Rufina e Seconda e di Selva Candida, come vescovato.
Ricerca e trascrizione dal testo originario di Franco Leggeri
Bibbliografia
Papiri Diplomatici, Le origini delle Diocesi in Italia, Sedi Episcopali nell’antico ducato di Roma, Storia dell’Agro Romano.
Trama e Cast--Jennifer Aniston, Kate Hudson, Julia Roberts, Jason Sudeikis sono le protagoniste di una serie di storie intrecciate che esaltano il legame materno spesso conflittuale, ma sempre fortissimo, talvolta folle! Nella settimana prima della festa della mamma, scopriamo le vite di un gruppo di donne forti, amorevoli e imperfette: da quella divorziata che deve fare i conti con la nuova matrigna dei suoi figli a quella che cerca di trovare la madre naturale. Madri in attesa, single, matrigne, madri gay, madri assenti o lontane, madri di ogni tipo…tutte ci ricordano come ogni madre è, a suo modo, un’eroina.
Recenzione-Il giro delle festività annuali americane prosegue per Garry Marshall. Dopo San Valentino in Appuntamento con l’amore e Capodanno a New York, riunisce il suo consueto cast pieno di star nei giorni immediatamente precedenti alla festa della mamma. Sono passati 26 anni dall’apparizione di una giovane e inconsapevole Julia Roberts in Pretty Woman, sempre diretto da Marshall; ora, in Mother’s Day, è una conduttrice di televendite tutto carisma, imprenditrice di un impero di prodotti per le massaie americane. Insieme a lei due quarantenni: Kate Hudson,
alle prese con dei genitori profondamente conservatori, incapaci di accettare il suo partner indiano, figuriamoci il legame omosessuale dell’altra figlia; e Jennifer Aniston, in preda a una crisi di autostima dopo essere stata lasciata dal marito, nel frattempo felicemente accasato con una stanga ventenne dalle forme perfette.
Se vi suona già sentita questa situazione, non vi sbagliate. La Aniston ormai sembra essersi ritagliata un ruolo autorironico che ricorda la fine del suo rapporto con Brad Pitt, accasatosi con la più giovane e bella Angelina Jolie.
Garry Marshall a 80 anni prosegue il suo cammino nel cinema al femminile, in cui sarebbe ingeneroso voler ritrovare la carica di rottura esilarante dei suoi successi televisivi di altra epoca, Happy Days e Mork e Mindy. Il suo è il tentativo di conquistare un pubblico, prevalentemente femminile, di non più
giovanissime, che possano rincuorarsi nel vedere queste grandi personalità del mondo dello spettacolo alle prese con i loro stessi dubbi e insicurezze. Il filo rosso che lega tutte le vicende è la maternità: quella vissuta, quella nascosta, quella agognata. La famiglia può evolversi, ci dice Marshall, diventando una dinamica fluida in continuo movimento, ma la mamma è sempre la mamma, unica e indivisibile. Come dire, concede da una parte spazio a una visione più vicina all’estensione dei diritti civili dei nostri giorni, mentre dall’altra rassicura il proprio pubblico di riferimento più moderato.
La sua natura di film da laboratorio satura la pazienza dello spettatore; stonano le concentrazioni di ogni possibile declinazione della maternità in così pochi nuclei famigliari, così come gli invariabili luoghi comuni sull’essere donna e single. L’induzione alla lacrima non convince, mentre qualche risata Mother’s Day la
strappa, grazie al talento comico di Jason Sudeikis e una Jennifer Aniston saggiamente parca di interventi del chirurgo plastico, con delle forme genuine e tempi comici sempre misurati. Ingessata nelle rigidità del suo personaggio, invece, Julia Roberts, la quale dosa con attenzione da saggia imprenditrice le apparizioni al cinema.
Film Altruisti si diventa (The Fundamentals of Caring)è un film del 2016 scritto e diretto da Rob Burnett, basato sul romanzo The Revised Fundamentals of Caregiving di Jonathan Evison. Il film è interpretato da Paul Rudd, Craig Roberts e Selena Gomez, ed è stato distribuito su Netflix il 24 giugno 2016.
Trama
Dopo aver perso tutto, casa e famiglia, Ben cerca di rifarsi una vita e si iscrive ad un corso serale per apprendere le basi per curare persone malate. Quando farà da badante a Trevor, un diciottenne difficile affetto da distrofia muscolare, Ben scoprirà che tutta la preparazione fatta è nulla di fronte alla malattia. Nel tempo trascorso assieme, Ben e Trevor instaureranno una forte amicizia.
Interpreti e personaggi
• Paul Rudd: Ben
• Craig Roberts: Trevor
• Selena Gomez: Dot
• Jennifer Ehle: Elsa
• Megan Ferguson: Peaches
• Frederick Weller: Bob
• Bobby Cannavale: Cash
Doppiatori italiani
• Marco Vivio: Ben
• Alessio Puccio: Trevor
• Joy Saltarelli: Dot
Titolo originale The Fundamentals of Caring
Lingua originale inglese
Paese di produzione Stati Uniti d’America
Anno 2016
Durata 93 min
Colore colore
Audio sonoro
Genere
drammatico, commedia
Regia
Rob Burnett
Soggetto
Jonathan Evison
Sceneggiatura
Rob Burnett
Produttore
Donna Gigliotti, James Spies, Rob Burnett
Produttore esecutivo
Jamal Daniel, Renee Witt
Casa di produzione
Levantine Films
Fotografia
Giles Nuttgens
Montaggio
Christopher Passig
Musiche
Il costume è quello del giorno della festa. Il corpetto bianco con le maniche a sbuffo, la lunga gonna a pieghe ricamata di fiori e il velo, a incorniciare un viso fiero. La sarda Ninetta Bartoli, prima sindaca d’Italia, si fa ritrarre così, nell’abito della tradizione, da solenne investitura.Una mano appoggiata sul fianco e occhi che guardano lontano, a quella scelta che nessuna prima di lei aveva fatto: governare il suo piccolo paese. Alle elezioni dell’Aprile 1946, si presenta come candidata sindaco. Con l’89% delle preferenze, conquistando 332 voti su 371, sbaraglia gli uomini avversari e viene eletta. È votata a furor di popolo, un vero e proprio plebiscito: diventa la prima sindaca della storia dell’Italia repubblicana.
È mater familias che sulla sua carrozza gira tra Borutta e Sassari per conoscere sempre meglio il territorio che amministra e capire come intervenire per migliorare le cose. Fa costruire l’acquedotto, il sistema fognario e porta l’energia elettrica in paese: una rivoluzione che cambia per sempre Borutta, trasformandola da un povero paese fossilizzato nel passato a un moderno centro civilizzato. Grazie a lei si edificarono case popolari e la scuola. Anche i ruderi della chiesa e del Monastero di San Pietro di Sorres ritornarono all’antico splendore. E se le casse comunali non consentivano di coprire le spese, lei stessa non esitava ad attingere al suo patrimonio pur di realizzare le opere che aveva in mente.Governò Borutta per 12 anni fino al 1958.
Questo sito usa i cookie per migliorare la tua esperienza. Chiudendo questo banner o comunque proseguendo la navigazione nel sito acconsenti all'uso dei cookie. Accetto/AcceptCookie Policy
This website uses cookies to improve your experience. We'll assume you're ok with this, but you can opt-out if you wish.Accetto/AcceptCookie Policy
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.